Che ne sarà dell'Euro …

Da un lato le parole tranquillizzanti del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi sulla “irreversibilità dell’Euro”, dall’altra le voci che i paesi periferici, a partire dalla Grecia, lasceranno uno ad uno la moneta unica ...

Da un lato le parole tranquillizzanti del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi sulla “irreversibilità dell’Euro”, dall’altra le voci che i paesi periferici, a partire dalla Grecia, lasceranno uno ad uno la moneta unica ...

Un futuro che non convince ancora

Da un lato le parole tranquillizzanti del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi (nella foto) sulla "irreversibilità dell'Euro", dall'altra le voci che i paesi periferici, a partire dalla Grecia, lasceranno uno ad uno la moneta unica nei prossimi anni. Anche l'idea della Germania "meglio avere una valuta forte!", sembra essersi sbiadita: ben venga un po' di svalutazione competitiva dell'Euro per aiutare le aziende esportatrici, quando dopotutto il calo di materie prime e petrolio incide positivamente sulla bilancia dei pagamenti. Da diverse settimane il tasso di cambio EUR/USD staziona intorno al valore di 1,12 (dato al 26 febbraio 2015). La ‘cavalcata' del $Us nei confronti dell'Euro in effetti è stata senza fiato se si pensa che da maggio 2014 il UsD, era ormai stabile sopra 1.38 contro Euro, si è apprezzamento di quasi il 20%. L'attuale staticità in effetti ha affievolito le diverse voci che da un lato stimavano valori dell'Euro in ulteriore discesa, fino a vedere i livelli minimi sotto 0,9 del 2000, mentre dall'altro parlavano di un recupero sopra 1,25, valore stimato secondo parametri di analisi PPP (Purchasing Power Parity), ovvero sul potere di acquisto delle valute.

Le prospettive tra dati Macro e Quantitative Easing (QE)

Nella realtà dei fatti il recupero del $Us è stato giustificato da due fattori quali la fine del Quantitative Easing negli Usa e il differenziale di crescita economica delle due aree. A giocare sull'ultima ‘gamba' della discesa dell'Euro è stata anche l'iniziativa della BCE sull'introduzione di un QE che vede 60 mld di Euro quali acquisti mensili di obbligazioni a partire da marzo. A questo punto, visto le discordanti opinioni sul ‘fair value' del cambio EUR/USD, quali sono i drivers incerti che ne determineranno il trend? Dal punto di vista dell'Euro è ormai chiaro l'avvio del QE; il secondo punto invece da monitorare è quanto potrà beneficiarne l'economia in termini di crescita e l'impatto sui prezzi al consumo sul tema deflazione. Dalla parte del $Us sembrano più chiari i temi sulla crescita economica e dei prezzi, con buone stime sull'andamento di GDP e consumi, rafforzati dal tasso di disoccupazione tornato sotto il 6%; manca invece trasparenza nella politica monetaria.

La divergente politica monetaria ne traccerà il trend

Secondo Janet Yellen, presidente della banca centrale statunitense FED (nella foto sotto), l'atteggiamento dell'autorità rimane di attesa "paziente" prima del rialzo dei tassi di interesse, anche se in realtà il Fomc, l'organo operativo della Fed, si sta già muovendo con operazioni di pronti termine sul mercato aperto (ON RRP - overnight reverse repurchase), con tassi in aumento e l'obiettivo di drenare liquidità al mercato. La Fed, che secondo gli analisti dovrebbe partire da 500 mld $Us, potrebbe utilizzare questo strumento per preparare il mercato all'aumento dei Fed Funds, monitorando la liquidità del sistema.  

Qual potrebbe essere il trend d‘Euro dopo questa svalutazione

Da un punto di vista statistico possiamo comunque prendere in considerazione l'esempio del rapporto Euro/Yen; la divisa giapponese dall'inizio della sua politica non convenzionale, ovvero alla fine del 2012, è passato da 102 Yen per Euro, a 150, esattamente un anno fa nel febbraio 2014, mentre ora è abbastanza stabile intorno a 135 dopo la mossa della BCE di portare i tassi sui depositi centrali in negativo. Forte indebolimento iniziale dello Yen e poi sostanziale correzione sulle contromosse BCE. Un altro esempio negli Usa: durante i cicli di rialzo dei tassi di interesse in Usa nel 1994, 1999 e 2004 il $Us ha reagito con un apprezzamento in vista del primo aumento dei tassi Fed, e poi con una successiva debolezza nei successivi rialzi. Spostando anche l'analisi più lontano nel tempo si può dire che in tutti i principali cicli di rialzo dei tassi Usa dal 1973 non è  stata seguita una regola generale anche se, il rafforzamento nella prima fase e il successivo consolidamento è stato l'andamento prevalente.

In conclusione

Nell'ipotesi quindi più aggressiva, dove il QE della BCE ottenga poche reazioni macro e la Fed alzi il target di ON RRP a 1000 $Us, in un clima economico in salute e sia avviato il rialzo dei Fed Funds, il cambio potrebbe muoversi verso la parità; al contrario, una convergenza sui dati macro e la perseveranza ‘paziente' della Fed, riporterebbe il cambio verso 1,25. Ecco quindi perché il mercato è al momento posizionato al centro dei due possibili scenari, pur nella massima attenzione per un repentino cambio di rotta.

 

Tutti gli articoli
Le opinioni espresse riflettono unicamente il punto di vista dell'autore. Qualora i contenuti di questo Blog facessero riferimento a prodotti o servizi finanziari si invitano gli utenti prima dell'adesione a leggere attentamente prospetti e documentazione sul sito www.investmentrunner.it e delle case di investimento a cui i prodotti siano riferibili.
Il valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.
Investment Runner ti aiuta a investire meglio