Gli investitori guardano ancora ad Oriente
Da tempo i paesi asiatici chiamati di ‘frontiera’ sono rimasti in ombra dopo la crisi finanziaria. Le ragioni più ovvie hanno riguardato la maggiore attenzione rivolte a Cina ed India, e l’affievolirsi delle opportunità sui paesi satelliti ...
A caccia di rendimento
E' interessante notare lo spostamento di attenzione ormai consolidato da parte di investitori e gestori sui mercati finanziari asiatici. Sul tappeto rimangono varie ragioni: la prima è sicuramente legata alla necessità di trovare nuove fonti di reddito, ma c'è anche il tema delle "valutazioni" in molti casi tornate ai massimi storici. Sulla prima ragione non è difficile giustificare un cambiamento dei flussi di investimento in uscita ad esempio dall'Europa dove oltre il 50% dei titoli governativi in emissione offre rendimento ‘zero' se non negativo! Sul secondo punto, alle parole di una ‘sopravalutazione' dei listini statunitensi pronunciata recentemente della Presidente FED Janet Yellen non è possibile contrapporsi anche se in realtà il mercato non ha mostrato reazioni di nota; il vero tema sarà il prossimo rialzo dei tassi di interesse in Usa e il suo possibile impatto.
L'Asia rimane un richiamo forte
Da tempo i paesi asiatici chiamati di ‘frontiera' sono rimasti in ombra dopo la crisi finanziaria. Le ragioni più ovvie hanno riguardato la maggiore attenzione rivolte a Cina ed India, e l'affievolirsi delle opportunità sui paesi satelliti; sono state infatti le due grandi potenze ad attrarre i capitali esteri, corroborati dai Quantitative Easing delle banche centrali, pronti a spingersi sui grandi mercati finanziari asiatici. A ben guardare infatti i maggiori indici azionari indiani e cinesi hanno avuto negli ultimi due anni rialzi portentosi (rispettivamente + 40% e +90%); gli investitori internazionali hanno visto nelle riforme strutturali messe in cantiere sia dal governo Modi in India che dal Segretario Generale del Partito Comunista Cinese Xi Jinping un importante motivo di evoluzione oltre che di sviluppo.
Paesi di frontiera
Recenti fatti politici hanno portato in luce due paesi i cui mercati obbligazionari sovrani hanno avuto qualche contraccolpo negli ultimi semestri a causa del cambiamento di scenario dettato dalla mancanza di flussi di investimento provenienti dall'estero. Il primo è il Pakistan, con oltre 183 milioni di abitanti, che dal 2003 ha continuamente accumulato un pesante Trade Deficit con l'estero, con tassi di crescita del PIL in netto calo dal 2008 ed una disoccupazione crescente. La causa della riduzione delle esportazioni, al contrario di altri paesi asiatici, è stata la mancanza di investimenti e l'insufficienza degli impianti di produzione elettrica. La situazione sembra cambiata: la Cina, maggior partner commerciale, ha concordato una serie di interventi infrastrutturali che rimetteranno in moto le aziende tessili e le esportazioni. Sul medesimo piano la Mongolia, area molto estesa ma con solo 3 milioni di abitanti. Le enormi difficoltà dopo la caduta della domanda di materie prime ha visto il paese perdere mercato ed investimenti, nonostante sia il paese con le maggiori riserve di rame e oro. Gli investimenti minerari sono ripartiti riaprendo un nuovo scenario che vede stime di crescita in aumento del 30% del PIL nei prossimi anni.
Mercati finanziari
Nell'ampio mercato obbligazionario asiatico sembrano quindi tornare favorevoli le prospettive sui rating dei due debiti sovrani; dopo un periodo di lunga attesa gli analisti sono tornati a fare previsioni ottimistiche sulla possibilità di una visione positiva sia per il debito sovrano del Pakistan, fino a poco tempo fa sull'orlo di un default, che per la Mongolia. I due paesi, che dimostravano rating sul debito sovrano tra i più bassi in Asia, potrebbero tornare ad essere oggetto di investimento da parte dei gestori stranieri, restituendo nuova visibilità al loro mercato locale.
19 maggio 2015
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA
Il valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.