Il Giappone riapre il ciclo anti deflazione

Il governo ha imposto il cambio strutturale al paese

Il governo ha imposto il cambio strutturale al paese

Una politica basata sulla forza del consenso internazionale

Dopo oltre sei anni dalla ‘crisi Lehman' i maggiori indicatori di fiducia segnalano una solida tenute del ciclo economico globale. Se ben guardiamo, tranne un breve sosta tra il 2009 e il 2010, il ciclo di crescita mondiale non è mai stato negativo, anche se i tassi di espansione sono stati molto diversi tra aree e regioni. Come già sottolineato, i contributori basilari sono stati i Paesi Emergenti, mentre il maggior detrattore è stata la regione europea che ha sofferto in modo deciso la crisi finanziaria, ma soprattutto le difficoltà di singoli paesi della cosiddetta Europa ‘periferica' con gravi conseguenze finanziarie. Inutile nascondere che l'Italia è risultata, tra le prime dieci economie mondiali, la più penalizzata! A sostenere il sistema durante la Great Recession, così è stata definita la recessione derivante dalla crisi finanziaria del 2008, è stato il ruolo delle banche centrali e in maggior misura della Federal Reserve statunitense che ha messo in campo politiche monetarie espansive straordinarie ‘non convenzionali'. Anche la Banca Centrale Europea ha fatto la sua parte con il presidente Mario Draghi che si è esposto in prima persona a favore di interventi essenziali alla stabilità dell'Euro.

Una decisa politica espansiva del governo giapponese per contrastare troppi anni di crisi

Il Giappone, con quasi 130 milioni di abitanti, si dimostra comunque capace di produrre il terzo Prodotto Interno Lordo mondiale; il dato più evidente è quello relativo al PIL procapite calcolato con il metodo PPP dal IMF a fine 2013, che tiene conto della parità di potere d'acquisto delle diverse valute. I giapponesi registrano un Pil procapite pari a 36.654 US$, lontano da quello della prima economia mondiale degli Usa di 53.001 US$, poco al di sopra del relativo della Zona Euro di 36.089 US$ e ben saldamente più in alto degli 11.868 US$ dei cinesi (poco meno di 7.000 $US nominali), Cina ormai avanzata al secondo posto nella classifica del PIL assoluto proprio a discapito del Giappone. Le prospettive per l'economia risultano cambiate negli ultimi mesi; prima delle elezioni del 2014 la crescita di PIL prevista era nell'ordine dell'1,5% mentre oggi si pensa ad un valore in aumento. In questi anni il fattore chiave è stato l'annuncio della BOJ di intraprendere una politica monetaria ultra espansiva con una caduta dello Yen (la divisa di cambio nipponica) rispetto alle più importanti valute; la svalutazione del 50% (da 78 Yen per $US di inizio 2012 ai 118 di fine 2014) ha avvantaggiato le esportazioni giapponesi. Anche la previsione sul tasso di inflazione è stata aggiornata + 1,1% per il 2015, ma il dato più sorprendente è la stima per il 2014 che vede l'inflazione al 2,5%, dato dimenticato nel tempo dall'economia nipponica.

I dubbi sulla Abenomics

Dopo le elezioni del luglio 2013 dove The Japan Times aveva titolato "Abe not in hurry to amend Constitution" indicando che, nonostante la schiacciante vittoria nelle elezione alla Camera Alta, gli sforzi del governo in carica rimanevano tutti focalizzati alla rinascita economica e non ancora ai cambiamenti costituzionali, il Primo Ministro Shinzo Abe ha dovuto anticipare nuovamente le elezioni nel dicembre 2014 per richiedere la fiducia sulle sue azioni di governo vista la volatilità dei dati macroeconomici che lasciano dubbi sulla efficacia delle strategie fiscali e monetarie adottate. Come spesso accade nelle interviste a tema politico, gli elettori giapponesi si sono dimostrati restii a rispondere sull'impatto del risultato elettorale rispetto al loro futuro, si sono detti tuttavia poco convinti che il governo possa raggiungere obiettivi così ambiziosi, ma ne hanno apprezzato lo sforzo e la chiarezza di intenti. Abe è stato riconfermato e rafforzato nelle iniziative che ritiene più efficaci. Per molti comunque il clima è già cambiato, rispondono che un ‘sentiment' positivo può fare bene al paese, esattamente come la pensa il Primo Ministro Abe; per gli scettici invece il nuovo passaggio elettorale detta tre anni di staticità alle Camere, i politici si preoccuperanno solo di ‘sopravvivere' mentre poco potrà cambiare!

I problemi fiscali della Abenomics

Dopo il primo innalzamento dell'imposta consumi dal 5% all'8%, e il successivo passaggio al 10% è stato sospeso. Queste indicazioni sono già sul tavolo del governo che dovrà a questo punto prendere decisioni sugli ulteriori interventi. E' difficile oggi pensare ad un immediato aumento della pressione fiscale come imporrebbero i conti pubblici e quindi il governo spinge per mantenere una fiducia di fondo. Percorrendo il paese si ha l'impressione che nei grandi centri agglomerati come Tokyo, Kyoto e Osaka i punti di forza siano l'organizzazione, la compattezza sociale e l'assertività nel lavoro. Il modello organizzativo ha alla base un'ottima capacità di accoglienza e la gestione attenta della relazione, a volte fin troppo formale, rappresentata dalla marcata differenziazione dei ruoli, nella identificazione degli abbigliamenti, e per i servizi rivolti al pubblico da divise e mansioni molto precise. L'impiego giovanile è elevato soprattutto nel rapporto con la clientela e l'energia che pervade strade ed uffici è positiva agli occhi del visitatore. La tecnologia è molto avanzata anche se i costi non sono così bassi. Nelle grandi sale di attesa degli aeroporti, nei viaggi in treno o in metropolitana non si sentono telefonate, ma piuttosto si assiste a veloci digitazioni sulle tastiere degli smatphone. La connessione dati via internet a costi ‘flat' e ‘Free WiFi' offre chat pressoché gratuite da ogni punto delle città.

 

Un sovraffollamento organizzato che nasconde il tema dell'invecchiamento

Utile affermare che in qualsiasi luogo di affollamento si crea automaticamente una fila ordinata agevolando ogni attività di smistamento e velocizzazione del servizio e che la costante puntualità di treni, aerei e servizi pubblici è veramente al minuto. Insomma, sebbene i dati sulla disoccupazione al 3,5 per cento (era al 4,3% a fine 2012) possano sembrare falsati per l'esclusione di alcune fasce di popolazione inattiva supportata dagli ammortizzatori sociali, il paese mostra un potenziale pronto a sostenere la ripresa. Dobbiamo inoltre aggiungere la ritrovata vitalità del mercato immobiliare che torna ad essere al centro dell'attenzione dopo gli obiettivi della BOJ di far ripartire l'inflazione. In questa nuova prospettiva il dubbio dei manager è quello di possibili richieste di aumenti salariali a fronte di un rialzo dei prezzi dei beni di consumo. In realtà negli ultimi anni il potere di acquisto è aumentato, ma le organizzazioni sindacali hanno messo in guardia le società invitandole a prevedere nei loro budget questa evenienza. In termini generali il livello di qualità della vita resta molto elevato come del resto lo dimostra il numero di anziani del paese: la speranza di vita, circa 84 anni, è la più elevata nel mondo.

Un'apertura a nuovi accordi commerciali

Il modello sociale che per vent'anni ha visto al centro un processo deflattivo ha condizionato nel bene e nel male il paese, ha limitato i consumi e aumentato il risparmio che comunque sostiene uno dei debiti pubblici più grandi in termini assoluti (oltre il 227% del PIL), ha inoltre abituato le aziende alla massima competizione; ora ci si aspetta un cambio di scenario, con un modello più stile ‘anglosassone', al quale il Giappone sembra essere preparato. Il Governo di Abe, oltre ad una aggressiva politica fiscale e monetaria, ha in serbo una terza ‘freccia' a sostegno della crescita economica: l'accordo TPP (Trans-Pacific Partnership agreement). Secondo gli esponenti politici giapponesi un nuovo ‘trade rule' può effettivamente cambiare il modo di relazionarsi in un regime di semplificazione burocratica commerciale e di investimento che porti benefici a tutti i dodici paesi coinvolti (Australia, Brunei, Canada, Cile, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Usa e Vietnam). Nessuno ha ancora quantificato l'impatto positivo che l'accordo potrebbe portare all'economia nipponica, ma inevitabilmente sarà più o meno proporzionale al peso del PIL prodotto che nel caso del Giappone rappresenta un quinto del totale dei 12 paesi coinvolti.

I consumi interni sono l'obiettivo prossimo

La vera scommessa è comunque legata ai consumi interni. L'esperienza storica delle svalutazioni competitive ha dimostrato che l'ossigeno prodotto dalla debolezza dei tassi di cambio ha una durata relativamente breve e uno svantaggio sui prezzi delle importazioni. Nel caso del Giappone questo porterebbe ‘acqua al mulino' dell'obiettivo inflazione, ma anche dei benefici del calo del prezzo del greggio.

I mercati finanziari hanno ‘sposato' le mosse della BoJ

Riguardo alle attese del mercato azionario, la volatilità riamane elevata e ogni dato macro è motivo di rialzo o storno delle quotazioni. Dal punto di vista delle valutazioni il mercato ha ripreso quota posizionandosi sopra le medie storiche con l'indice TOPIX presenta un rapporto prezzi utili P/E di 16x in linea con quello dei mercati Usa. La posizione strategica sembra quindi legata alle prospettive di crescita economica nel medio termine e ad uno scatto in avanti degli utili aziendali. La BOJ sembra al momento molto concentrata sulla solidità del sistema bancario e assicurativo in relazione alla possibilità di un aumento dei rendimenti sulla parte decennale della curva dei tassi che, secondo gli analisti, potrebbero passare in due anni dall'attuale 0,4% al 1,5%; non a caso la Banca Centrale ha attuato un piano di acquisti tale da sostenere il mercato con un Quantitative and Qualitative Easing (QQE) estremamente aggressivo. Se il buon esito delle strategie intentate da Governo e Banca Centrale possa tradursi in un rischio per la classe di attivo obbligazionaria, una rivalutazione degli asset azionari a medio termine rimane comunque plausibile; a dare credito a questa tesi sono anche i provvedimenti che vedono i fondi pensione nazionali orientare gli investimenti sull'aumento della parte azionaria.

 

I mercati finanziari obbligazionari offrono rendimenti troppo bassi

La curva dei tassi giapponese ha dimostrato di rispondere in modo reale al QEE della banca centrale BoJ mostrando tassi nominali negativi dei JGB: il titolo del Tesoro a 2 anni è costantemente sotto zero e il decennale rende solo lo 0,2% abbondantemente sotto il tasso di inflazione stimato al 2,4%. I risparmiatori giapponesi risultano i meno esposti al proprio mercato azionario (dati riservati indicano un possesso inferiore al 20%, rispetto al 30% in Europa e di oltre il 40% negli Usa); la loro prudenza potrebbe comunque venir meno come la garanzia del potere d'acquisto degli investimenti obbligazionari vincolati a tassi reali negativi. Aldilà degli investitori stranieri, i soli interessati all'azionario domestico sono gli operatori istituzionali che faranno tendenza in base alle loro scelte di bilanciamento del portafoglio a contrasto delle possibili perdite nella parte obbligazionaria. Le scelte di politica monetaria in Giappone pongono le basi per una correlazione più stretta tra il mercato finanziario statunitense e quello giapponese: indicatori di Business Confidence e attese di rialzo dei tassi reali e dei rendimenti obbligazionari americani potrebbero condizionarne il trend; se ne dovrà tenere conto nella allocazione dei budget di rischio.

L'economia ha bisogno di una finanza consapevole

In conclusione, con l'esperienza della Fed il mondo economico e finanziario si è dimostrato ancora una volta capace di rimontare una situazione che sembrava ingestibile dopo la ‘caduta di Lehamn' di solo pochi anni fa. Il modello capitalistico e bancocentrico, da tempo sistematicamente criticato per i suoi eccessi e per le sue inevitabili criticità, sembra ancora una volta essere l'unica risposta concreta alla possibilità di rimettere in carreggiata le maggiori economie mondiali. Ancora una conferma che i cicli economici e finanziari si susseguono inanellando bolle di euforia, laceranti cadute e faticose riprese.

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