L'evoluzione chiama i Mercati Emergenti (prima parte)
Nei portafogli di investimento non possono mancare le attività finanziare dei paesi ad alta crescita
Un'accelerazione avvenuta negli ultimi quindici anni
Potremmo dire che l'attenzione ai paesi emergenti da parte del sistema finanziario è esplosa con la ‘New Economy' del 2000 che ha introdotto il concetto di globalizzazione del business con l'aiuto della tecnologia ed in particolare di Internet.
Se fino alla crisi finanziaria del 2008 gli indici azionari emergenti rappresentavano nel loro insieme asset finanziari ciclici, ovvero esclusivamente legati al ciclo economico dei paesi sviluppati, successivamente si sono dimostrati prima difensivi, in grado di sostenere solidi fondamentali, poi prociclici, attaccando con la propria competitività tutti i mercati, e poi ancora anticiclici, attuando una loro strategia di sviluppo interna, arrivando addirittura a condizionare la fiducia del mondo sviluppato. I cosiddetti mercati emergenti, o ‘Emerging Markets' come definiti negli indici finanziari internazionali, sono infatti un insieme di mercati finanziari di paesi con variabili di crescita economica, sistemi politico-sociali e modelli di consumo tra loro poco correlati, ma affidati ad un unico ‘paniere'.
Ci sono alcuni aspetti che oggi potremmo evidenziare come anomalie del mondo emergente rispetto solo a qualche anno fa, come la dichiarata forza delle valute emergenti locali, o il ciclo secolare di crescita economica guidato dalla classe media o ancora la dipendenza import e export da materie prime. Quello che rimane necessario ancora oggi è superare la fredda analisi quantitativa ed allargare la visione dei singoli paesi emergenti attraverso gli aspetti più qualitativi e culturali, utili a capirne le vere potenzialità di business. È diventato quindi importante raffrontare:
- i diversi modelli di spesa di beni e servizi tra Paesi Emergenti verso Aree Sviluppate come Europa o Usa;
- i modelli educativi e didattici, i supporti multimediali e di comunicazione dei paesi avanzati, rispetto alla carenza di dotazioni tecnologiche di connessione ad Internet in molte aree del pianeta;
- le logiche di investimento legate alla cultura, alle tradizioni, al modello politico-sociale, alla mobilità dei capitali, alla ricerca e sviluppo, allo sfruttamento delle risorse naturali.
Un primo passo in questa direzione è stato l'introduzione dello Human Development Index elaborato dalle Nazioni Unite che oltre al calcolo del reddito procapite contempla aspetti relativi all'istruzione e alle aspettative di vita. Tema ancora più interessante è quello legato all'analisi dell'area di appartenenza in contrapposizione alla diversa apertura finanziaria alla circolazione dei capitali. In alcuni indici finanziari di regioni come Asia e America Latina, è possibile trovare paesi con regimi regolamentari molto diversi, vincoli all'investitore locale ma anche straniero, un protezionismo ancora lontano dal recepimento di quei principi comuni raccolti negli accordi del WTO, l'organizzazione mondiale del commercio.
Come leggere i nuovi indici
Proprio per semplificare il lavoro si è proceduto alla creazione di indici che potessero associare in modo meno eterogeneo l'ampio bacino dei paesi emergenti. L'idea è stata quella di aggregare per parametri oggettivi indici azionari capaci di subordinare le caratteristiche troppo specifiche del singolo mercato emergente a favore di una maggior comprensione degli investitori. Frequenti sono le suddivisioni per macro area come quelle dei Paesi Emergenti di Asia, America Latina e EMEA che comprende le regioni di Est Europa, Medio Oriente e Africa.
Molto conosciuto è il raggruppamento legato alle aree più popolate ed estese del mondo: il BRIC raggruppa quattro dei paesi emergenti più importanti: Brasile, Russia, India e Cina. Ancora più semplificato è l'indice CINDIA, con i soli due paesi più popolati al mondo Cina (nell'immagine accanto opere di demolizione e ricostruzione a Pechini) e India e i loro 2,5 miliardi circa di persone; i due stati oggi pesano sul PIL mondiale rispettivamente 16,5% e 6,8% dei 102.573 bnUS$ (valore relativo delle divise PPP – Purchace Parity Power, dati World Bank fine 2013). Altri aggregati sono nati tra gli operatori in questi ultimi anni come ad esempio quello degli EAGLEs (Emerging and Growth-Leading Economies) paesi emergenti forti contributori alla crescita economica mondiale in cui ritroviamo Cina, India, Indonesia, Brasile, Russia, Sud Corea, Turchia, Messico e Taiwan. Ancora il gruppo denominato Nest, che vede nazioni emergenti capaci di contribuire più dell'Italia, quali Egitto (uscito dagli EAGLEs in 2012, per le note vicende politiche), Nigeria, Thailandia, Colombia, Vietnam, Malesia, Polonia, Bangladesh, Sud Africa, Filippine, Perù, Argentina, Pakistan e Cile. Alcune grandi case di investimento hanno poi dato vita a specifiche strutture di portafoglio, come gli ETF, Exchange Traded Funds, meglio conosciuti come fondi passivi, indicizzati a mercati finanziari di Cina, India, Thailandia, Brasile, Taiwan, Turchia e altri singoli paesi.
In realtà, la lista dei paesi chiamati ‘emergenti' non è poi così lunga: sono 23 i paesi classificati dai maggiori providers e usati per rappresentare i loro indici (l'esempio nella tabella a lato è quello del MSCI World Emerging Markets). Il passaggio dall'indice dei Paesi Emergenti a quello dei Paesi Sviluppati è delimitato da un dato oggettivo: 25.000 UDS di PIL procapite.
Quale sarà il trend dei mercati emergenti?
Gli investitori si chiedono quale sarà il trend, e quanta crescita economica e finanziaria potrà essere ancora manifestata nelle aree emergenti dopo le importanti performance degli ultimi anni? Analizzando le performance a dieci anni utilizzando gli indici MSCI in valuta locale ad inizio 2015, scopriamo che i paesi africani sono quelli che più hanno beneficiato della globalizzazione con un ritorno del loro indice del 12,5% annuo; i mercati emergenti asiatici sono cresciti del 7,6% annuo, l'America latina del 7,3%, mentre i paesi dell'Europa Emergente di circa il 3,4%. L'indice MSCI World in valuta locale, riferito ai soli mercati sviluppati, nello stesso periodo è cresciuto del 4,1% annuo.
Le potenzialità di crescita secondo gli analisti rimangono positive: "Nel medio tempo sembrano che gli spazi giochino ancora a loro favore!", ma aggiungono "… rimangono sicuramente molte le considerazioni da fare; in primo luogo dobbiamo tenere presente che ogni cultura ha delle caratteristiche specifiche e che ogni popolo vive alla base di un suo sistema politico sociale sedimentato nel tempo e che sicuramente ha un ruolo importante nello sviluppo del paese. Anche se da un punto di vista formale potrebbe essere incoerente, in realtà non è la sola adesione ad un trattato internazionale che equipara quel mercato al resto del mondo. In secondo luogo dobbiamo pensare ad alcuni elementi qualificanti come il fattore demografico ovvero il numero delle persone fisiche che appartengono a quel "mercato"; pensiamo al peso di due paesi come Cina e India che rappresentano più di un terzo della popolazione del pianeta, ma solo un quinto del PIL mondiale. Anche se oggi solo una parte di queste persone ha accesso ad un processo di sviluppo, nel tempo tutte ne saranno più o meno coinvolte, pensiamo al loro possibile grado di mobilità rispetto al mondo occidente e alla capacità di inserirsi nel business di altri paesi e divenirne competitivi e forti; anche un solo piccolo travaso del 3 o 4% della loro popolazione in una regione come il continente africano porterebbe ad una "pacifica" colonializzazione. Un altro aspetto non secondario è la capacità di fare proprie le più recenti tecnologie per recuperare velocemente il ritardo temporale: la corsa dei paesi emergenti vede oggi la progettazione di infrastrutture tecnologicamente avanzate e nettamente in competizione con i progetti dei paesi sviluppati che invece si ritrovano con infrastrutture in molti casi obsolete; infine la competizione dei prezzi tramite il coinvolgimento di una potenziale forza lavoro ampia e che permarrà ancora a lungo a buon mercato".
Il valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.