La Cina alla rincorsa del primo posto nel mondo (prima parte)
Il mercato finanziario cinese trova maggiore spazio nei portafogli di investimento
Una spinta guidata dalle liberalizzazioni del governo cinese negli ultimi quindici anni
Il trend dei tassi di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) offre alla Cina, tra soli pochi anni, la possibilità di raggiungere il primo posto tra le potenze economiche. Negli ultimi quindici anni l'economia cinese ha visto un tasso medio di crescita annuo superiore al 10% del PIL scavalcando posizioni su posizioni i maggiori paesi sviluppati, ponendosi ora stabilmente al secondo posto dietro solo agli Usa.
Visitare la Cina significa entrare in un paese estremamente moderno! Viaggiare da una città all'altra è comodo, nonostante le distanze siano enormi (estensione 9,7 milioni Kmq), gli aeroporti sono molto efficienti, così come le vie fluviali; le principali metropoli sono invece molto congestionate dal traffico con tempi di attraversamento insostenibili. La popolazione sta raggiungendo 1,4 miliardi di persone; dopo una migrazione durata decine d'anni che ha spinto soprattutto i giovani dalla campagna verso la città, in questi ultimi anni si è assistito ad un rallentamento a causa dell'aumento sproporzionato dei costi della vità nei grandi agglomerati e dei segnali crescenti di difficoltà nel trovare posti di lavoro. A prima vista il modello di vita in città potrebbe assomigliare molto a quello occidentale, anche se è ben visibile un grande lavoro di conciliazione tra bisogni immediati a cui dare priorità e aspettative che al momento sono veri e propri sogni nel cassetto.
Un cambio di rotta verso i modelli occidentali partito da molto lontano
Per capire meglio il percorso non facile che la Cina sta affrontando in termini di globalizzazione dobbiamo fare riferimento alle diverse radici culturali prendendo spunto da un interessante studio del filosofo francese François Jullien. Nel suo scritto "Conferénce sur l'efficacité", edito da Presses Universitaire de France nel 2006, ha comparato aspetti, modi di pensare e di agire tra la cultura europea e quella cinese, oggi in cerca di convergenza: ne è stato un esempio l'impegno assunto ospitando a Pechino le Olimpiadi del 2008, un evento straordinario che ha sbalordito il mondo per il risultato offerto. Partiamo comunque dalle radici più lontane; la storia ci racconta che l'incontro tra Roma, caput mundi, e l'impero cinese nei primi decenni del primo secolo dopo Cristo, rappresentava per i romani l'inizio stabile di un rapporto dedito al mero scambio commerciale tra due mondi talmente lontani che sembravano situati in due pianeti diversi, due realtà completamente slegate non solo nella lingua e nella scrittura, ma con linguaggi completamente diversi nell'arte, nella musica, nel modello di vita. Roma culla di una cultura precristiana, con una forte radice greca e poi romana imperiale, e la Cina sotto il regno di Ping (circa 700 a.C.), dal pensiero fiorente di Lao-Tse e da quello di Confucio del V sec a.C.
Un mondo che perse il passo dopo il XV e il XVI secolo
Dal punto di vista "tecnico" i due mondi crescono alla stessa velocità fino al XIV secolo, anzi in Cina si scoprono sistemi più avanzati nella costruzione di imbarcazioni e nei metodi di stampa, ma da quella data le due culture mettono in evidenza un progressivo diseallineamento. Dopo il XV e il XVI secolo, in Europa iniziano le scoperte scientifiche che genereranno i metodi di studio alla base di tutte le scienze. Jullien racconta nel suo scritto: "… l'Europa investe pesantemente sul potenziale e sul rendimento, del pensiero, del modello e, in primo luogo, del modello per eccellenza, quello che ci viene dalla matematica". Galileo, Descartes, Newton sviluppano le scienze matematiche e fisiche come linguaggio per un percorso che apre ad un rapido sviluppo culturale; Galileo Galilei non sarà ricordato solo per il perfezionamento del cannocchiale, lo studio della cadutà dei gravi, l'inizio della scienza cinematica, e la legge sull'isocronismo del pendolo che aprirà alla scienza un futuro più chiaro, ma per il concetto nuovo della modellizzazione e dell'applicazione; lo studio di un linguaggio per cui i fenomeni naturali possono così comodamente essere riordinati dalle costruzioni e dai ragionamenti matematici, e da dove "provenga la sragionevole efficacia di questi". L'applicazione della matematica alla "natura" ha dato origine alla fisica classica, meccanicistica che con una successione di invenzioni ha cambiato la qualità della vita. La Cina non segue questo approccio e mantiene fede alla sua cultura più antica che può essere riassunta seguendo i testi di Sun Tzu e Sun Bin (V – IV sec a.C.) dove, parlando di strategia militare, si osserva "il potenziale della situazione consiste nel determinare la variabile in funzione del vantaggio… attenderne il momento migliore e sfruttarlo senza lasciare spazio all'aleatorietà… ". I matematici cinesi, nonostante lo studio algoritmico, non hanno mai ritenuto possibile applicare un linguaggio matematico per valutare i fenomeni naturali, "limitando" la natura in termini di yin e yang ovvero, secondo il Taoismo, la definizione delle opposte energie primarie dell'universo: yin simbolo del femminile, dell'oscuro, del negativo, e lo yang simbolo del maschile, del luminoso, del positivo. Descartes dice (Cartesio - XVI sec.): i cinesi non hanno mai concepito l'idea che Dio avesse creato ("scritto") il mondo in equazioni e che quindi, imparando la matematica, si potesse leggere il suo grande libro e divenire "signori e padroni della natura". Ecco perchè nelle espressioni cinesi non si trova il corrispettivo nostro di "obiettivo". La traduzione più significativa è la combinazione dei termini "occhio" e "bersaglio" (mudi, mubiao). La Cina non avendo infatti sviluppato il pensiero di "forma ideale" (concetto di modellizzazione a cui si è fatto riferimento precedentemente parlando di Galilei) non ha conseguentemente sviluppato la nozione di "mezzo" che condurrebbe ad essa.
Un pensiero filosofico in direzioni diverse …
È interessante quindi l'osservazione che il filosofo Jullien ne deriva riguardo la difficoltà del cristianesimo di promuoversi nella cultura cinese, che sappiamo invece sviluppare il buddismo dal III al V sec.d.C., in quanto nel pensiero greco la "finalità" dimora ovunque. Platone e Aristotele trovano un collegamento diretto tra "eidos" – la forma modello – e il "telos" – la causa finale. Sia nell'italiano che in francese il "fine" significa termine e obiettivo; nella stessa prospettiva si colloca l'idea religiosa nella tradizione ebraica: il popolo di Dio in cammino verso la terra promessa, il paradiso. Nella cultura classica cinese il "fine" viene sostituito dal "trarre vantaggio" dalla situazione o dalla circostanza trasformata in dispositivo: per il bene di tutti gli uomini e con intenzioni morali (per il saggio) e per conto di un sovrano in lotta (per lo stratega).
… con un differente risultato nello sviluppo!
Guardando la Cina dei tempi più recenti vorrei sottolineare quanto la politica abbia condizionato in modo deciso lo sviluppo di un paese. Si prenda a riferimento l'avvento della rivoluzione cinese di Mao Zedong: nel 1949 il PIL (Prodotto Interno Lordo) di Cina e Giappone erano sullo stesso livello; dopo circa un quarto di secolo la situazione si presentava con un PIL giapponese di nove volte superiore a quello cinese. Con l'avvicinamento ai modelli occidentali, negli ultimi quindici anni il PIL cinese è cresciuto in media di circa il dieci per cento annuo e le attese sono per una crescita elevata ma più moderata anche nei prossimi anni; la cosa più incredibile è che l'ottanta per cento del PIL cinese è prodotto da meno del trenta per cento della popolazione. Il balzo del PIL cinese, al secondo posto lasciandosi alle spalle paesi sviluppati come Giappone, Germania, UK, Francia, Italia, è ora pronto ad affrontare la sfida finale con gli Usa. La scommessa vede molto alta la probabilità che la Cina possa arrivare al vertice in meno di dieci anni.
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