Politica Monetaria e Banche Centrali
Per un investitore una tra le guide principali per le scelte di portafoglio, è l'analisi di politica monetaria delle Banche Centrali.
Un po' di Storia
Per un investitore una tra le guide principali per le scelte di portafoglio, è l'analisi di politica monetaria delle Banche Centrali. La progressiva indipendenza dalle influenze dei propri governi sulle scelta di intervento e degli strumenti da utilizzare ha rivoluzionato il modo di ‘leggere' i mercati finanziari. Come spesso abbiamo sentito dalle parole dei governatori centrali, esistono strumenti convenzionali e non, ma tutti sono finalizzati a due obiettivi chiave: la sostenibilità di crescita di un ciclo economico ed il controllo dell'inflazione.
I tassi di interesse
Si prenda in considerazione lo strumento più importante e più visibile agli occhi di tutti ovvero l'intervento sui tassi di interesse. Per giungere in modo corretto alle conclusioni e alle conseguenze del cambiamento dei tassi di interesse dobbiamo fare riferimento agli studi degli anni 1950 di Milton Friedman, padre dell'analisi quantitativa monetaria. Dopo le analisi di John Maynard Keynes (nella foto accanto), negli anni successivi alla crisi del 1929, che rivoluzionarono i modelli economici classici aprendo la strada a favore degli interventi pubblici a sostegno della piena occupazione nei periodi di crisi economica, Friedman giunge alla conclusione che la moneta è un elemento determinante negli equilibri di sviluppo e generatore di inflazione. Diviene nel tempo chiaro che una gestione corretta della quantità di moneta presente nel mercato determina una crescita economica a "inflazione controllata" e quindi meno soggetta alle disarmonie tra crescita dei prezzi di beni e servizi, potere d'acquisto del reddito e inutile surriscaldamento delle economie. Venendo ai nostri giorni possiamo sicuramente affermare che la politica monetaria è stata ampiamente utilizzata dalle più importanti Banche Centrali con effetti decisivi per lo sviluppo anche se non sempre in linea con le attese degli operatori economici e finanziari.
BCE
La Banca Centrale Europea, BCE, "figlia" della Deutsche Bundesbank, Buba, è da sempre rimasta focalizzata sul controllo inflattivo e utilizza la politica monetaria per stabilizzare i prezzi e mantenere l'inflazione sotto la soglia del due per cento (inflation target rate). La politica monetaria europea si è caratterizzata per una minore flessibilità ed interventi non sempre in linea rispetto alle evidenze del mercato che, in molti casi, aveva manifestato un rallentamento ben più profondo rispetto alle previsioni della Banca Centrale stessa. A fine 2011 il presidente Mario Draghi (nella foto sotto), subentrato il 1 novembre a Claude Trichet, è riuscito ad introdurre strumenti straordinari come il LTRO (Long Term Refinancing Operations) e successivamente l'OMT (Outright Monetary Transactions); solo in tempi recenti sono stati introdotti l'acquisto di ABS e Covered Bonds. Ben diversa la politica monetaria americana che ha visto in Alan Greenspan uno dei fautori del neomonetarismo ‘applicato', con un triplice obiettivo: crescita economica, controllo dei prezzi, e forte attenzione all'occupazione. Greenspan viene inoltre ricordato per il suo modo di "parlare al mercato", per l'utilizzo sistematico della "moral suasion", togliendo l'effetto sorpresa come invece avevano abituato le banche centrali, creando lo shock di mercato, e per le sue osservazioni sulla "esuberanza irrazionale" del 5 dicembre 1996 dei mercati finanziari.
La Flessibilità dopo il 2001
La flessibilità di utilizzo dei tassi di interesse è stata molto visibile dopo la crisi del 2001 con una serie di tagli che portarono i saggi dei Fed Funds all'1% il 25 giugno del 2003, per poi rialzarli di 25 bps in ogni riunione fino al 5.25% del 29 giugno 2006. Sono stati in molti a giudicare lasca la politica monetaria di Greenspan il principale generatore della bolla immobiliare che ha partorito il "moral hazard" del ‘subprime'. La crisi finanziaria scoppiata tra le mani del presidente Bernanke nel 2008 è stata violentissima. La ‘caduta' di Lehman Brothers si era dimostrata la punta di un iceberg che avrebbe portato il sistema bancario in frantumi e in mancanza di liquidità. Con la crisi finanziaria che apriva le porte ad una recessione, sicuramente profonda, Bernanke ha intrapreso una politica monetaria ultraespansiva, mai vista prima, con tassi variabili tra 0 e 0,25%, decisa il 16 dicembre 2008 a fronte di crescenti preoccupazioni deflazionistiche. La FED si è resa disponibile a finanziare le più importanti istituzioni tramite programmi di acquisto di titoli direttamente dalle banche e dal mercato finanziario (Asset Purchase Facility e Quantitative Easing) per far ripartire le negoziazioni e ridare liquidità al mercato finanziario.
Processi innovativi non senza critiche
Non sono mancati i timori sulla possibile inefficacia di tale politica monetaria sulla scorta della novità degli interventi, ma una volta messo in sicurezza il sistema finanziario la FED ha proseguito la sua strategia fornendo al mercato solidità. La straordinarietà della politica monetaria americana, ed i risultati che Bernanke ha saputo raccogliere, ha indotto la Banca Centrale giapponese a intentare una soluzione ‘fotocopia' attraverso il raddoppio della moneta in circolazione con due obiettivi ben precisi: il raggiungimento di un tasso di inflazione del 2% in due anni e la ripresa del PIL ad un tasso che si avvicini a quello medio dei paesi sviluppati. Ora la palla sembra passare alla BCE.
Banche Centrali: come beneficare degli effetti dei loro interventi
La politica monetaria trova quindi alcuni effetti importanti a guida dell'investitore:
- tassi di interesse a breve termine che a volte possono dimostrarsi tassi reali negativi ovvero tassi nominali inferiori al tasso di inflazione;
- tassi di interesse di lungo termine influenzati dalle attese di diminuzione o aumento dei tassi a breve;
- politiche monetarie ‘espansive' con tagli dei tassi di interesse di riferimento messi in atto per accelerare la crescita economica e agevolare un migliore accesso al credito; oppure politiche monetarie ‘restrittive' per provocare un raffreddamento della crescita economica attraverso una diminuzione della liquidità, minore velocità di circolazione della moneta e attese di un calo del tasso di inflazione;
- politiche monetarie ‘non convenzionali' a salvaguardia dei mercati finanziari, di strategie legate ai rapporti di cambio valutario e della gestione di asset finanziari in particolari situazione di credit crunch.
Dobbiamo anche aggiungere che, a favore di una coordinata combinazione di effetti derivanti dalla politica monetaria, è estremamente importante una politica fiscale sostenibile ovvero un insieme di strategie di intervento del Governo attraverso gli strumenti di spesa pubblica, trasferimenti di risorse finanziarie e imposizioni o agevolazioni fiscali. La politica fiscale a differenza di quella monetaria ha la possibilità di distinguere e focalizzare il proprio intervento su alcune specificità (settori, aree, classi sociali ecc.) senza compromettere la globalizzazione del sistema finanziario.
Conclusioni
Per riepilogare possiamo sostenere in sintesi:
- la ciclicità della crescita economica ha trovato un forte fattore di controllo dalla combinazione degli effetti di politiche monetarie e fiscali capaci di rendere meno ampi i divari tra recessione ed espansione del ciclo economico;
- le politiche fiscali sono comunque oggetto di valutazione e di credibilità nel medio termine in funzione di budget di spesa pubblica "controllati" e un indebitamento sostenibile a lungo termine correlato alla garanzia di capacità di rimborso;
- i mercati finanziari sono particolarmente sensibili sia alle politiche monetarie che a quelle fiscali perché da queste ultime possono trarre informazioni sulle valutazioni future degli asset quotati;
- la variabilità dei tassi di interesse non influenza solo il mercato monetario e obbligazionario, ma ha una forte importanza nelle valutazioni di tutti gli asset finanziari e dei beni reali: azioni, obbligazioni, immobili, valute, commodities;
- la durata di ogni fase del ciclo economico è soggetta alle politiche monetarie e fiscali adottate da Banche Centrali e Governi; la forte flessibilità sui tassi di interesse ha dimostrato come la fase matura del ciclo economico possa essere rimodulata nel tempo, e il forte taglio dei tassi possa accelerare la ripresa passando da timori di deflazione a quelli di inflazione in modo ravvicinato.
Il valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.