Azionario vs Recessione

Pubblicato il 07.07.2022

Azionario vs Recessione

La situazione di incertezza sui mercati azionari sta condizionando le stime di ritorno di molti gestori di portafoglio che in poco meno di un mese hanno ridotto il peso dei risky asset nelle loro asset allocation da sovrappeso a sottopeso. L'indicatore chiave è l'aumento delle coperture in derivati e della liquidità nei portafogli, in attesa da un lato di impreviste richieste di rimborso dei sottoscrittori e dall'altra di opportunità di investimento a valori ulteriormente ridotti. Ci sono sul tavolo dei gestori le analisi per un aumento delle probabilità di una recessione economica guidata dagli Stati Uniti, anche per l'insistenza della FED di accelerare la restrizione monetaria per fronteggiare l'impennata dell'inflazione. In questo scenario la forza del dollaro USA potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo alla crescita dei profitti per le multinazionali statunitensi le cui vendite internazionali ora valgono meno in termini di dollari, tutto questo in aggiunta all'impennata dei costi alla produzione tra materie prime e salari. Questa confluenza di fattori trova l'aumento dei costi di finanziamento di nuovi investimenti in concomitanza a rendimenti obbligazionari in salita e tensioni geopolitiche, con il dollaro USA ai massimi da 20 anni. I gestori sono convinti che le aspettative sui profitti non incorporano ‘venti contrari' con le indicazioni ‘bottom up' dei CEO che continuino a suggerire un aumento ininterrotto degli utili nei prossimi semestri. A favore di questo ultimo fattore rimane l'elevato livello di liquidità nei bilanci aziendali che consentirebbe alle società di bilanciare la crescita degli utili per azione attraverso riacquisti di azioni proprie a costi relativamente vantaggiosi.

Reattività alla recessione

Nonostante negli Stati Uniti le probabilità di una recessione economica nei prossimi 12 mesi rimangono contenute, le previsioni vedono una crescita reale del GDP Usa nel 2022 del 2,3% e 1,4% l'anno prossimo, si torna a guardare alle statistiche. Dal 1945 risultano dodici recessioni per un totale di 10,3 anni; questo ci dice che dal dopoguerra la crescita economica ha prevalso negli Stati Uniti per circa l'87% del tempo. Ulteriori approfondimenti indicano le recessioni come dolorose e costose nel breve termine, ma con ‘effetti collaterali' generalmente salutari: cancellazione di eccessi, riallocazione del capitale in modo più efficiente, merito per le aziende più forti e competitive e nuovi modelli di investimento che favoriscono cambiamenti strutturali aumentando il potenziale di lungo periodo. Le recessioni tra gli anni '70 e inizio anni '80 hanno impedito l'avanzata di un'inflazione a due cifre e un ritorno di stabilità dei prezzi. La recessione del 2001 ha riportato i multipli di mercato a livelli più razionali di fine anni '90 aprendo ad una solida rivoluzione tecnologica; la recessione del 2008-2009 ha portato al rafforzamento del sistema bancario con standard quantitativi più stringenti. Il problema è comunque la relazione temporale tra mercato e dati economici con operatori pronti ad anticipare i dati reali; risulta per questo difficile indicare un punto di minimo degli indici azionari. La ricerca degli analisti dal 1937 vede su 14 recessioni statunitensi un massimo di mercato in media 170 giorni prima dell'inizio di una recessione e un punto di minimo 211 giorni dopo, con dati molto diversi per ogni recessione: nel 2020, il mercato ha toccato il minimo solo 23 giorni dopo l'inizio della breve recessione, quando governi e banche centrali hanno risposto con un allentamento fiscale e monetario senza precedenti. La ragione che forse sta aumentando la volatilità è la complicazione riguardo all'intensità e il prolungamento dell'inflazione che ci riporta agli anni '70-'80. Capire il momento di ripartenza dei valori degli asset rimane quindi difficile anche se è indubbio che le recessioni sono punti di ingresso favorevoli per gli investitori a lungo termine.

Finanza comportamentale

Potrebbe risultare banale ma in questa situazione di difficoltà delle performance del portafoglio di investimento è utile ricordare almeno due aspetti chiave: - in primo luogo non essere investiti durante i giorni di maggior rialzo del mercato può ridurre le performance di lungo termine in modo deciso, minando il lavoro di crescita del portafoglio, perdendo spinte generatrici di ricchezza più stabili nel tempo. Le analisi statistiche indicano che perdere le cinque migliori sedute del mercato azionario statunitense dal 1988 ad oggi ha ridotto i ritorni annualizzati a tre anni dall'11% a solo il 4%. Evitare quindi decisioni impulsive negli investimenti risulta premiante potendo monetizzare a pieno il premio per il rischio implicito nei risky asset; - secondariamente le azioni, quale bene reale, sono un'importante copertura contro il rischio di inflazione nel tempo, problema che sta invece impattando la difficoltà di ottenere tassi reali positivi nelle obbligazioni governative di lungo termine, nonostante i tradizionali vantaggi della diversificazione tra reddito fisso e azioni. A fronte di perdite da inizio anno del 17,9% dell'indice MSCI World AC in valuta locale, lo scenario attuale trova un'importante quantità di cattive notizie negative valutata nelle attuali quotazioni: la stima della Federal Reserve (Fed) sull'inflazione, la Cina in contrasto al Covid, la crisi in Ucraina e un'alta probabilità di ulteriori ribassi del mercato.

7 luglio 2022

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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