Gas russo troppo caro?
Pubblicato il 04.02.2022
Sì, forse, ma anche no! Analizziamo gli scenari. In questi giorni troviamo sempre più spesso nei media notizie di incontri tra politici russi e resto del mondo; Vladimir Putin è tornato protagonista a livello internazionale dopo che i governi ‘clienti' di gas russo si sono accorti dei differenziali sui costi energetici, ma soprattutto dalle lamentele del manifatturiero; la causa sembra rimanere la paura ucraina di un'invasione russa. Risulta comunque evidente che la scelta della decarbonizzazione che vede a breve un passaggio dai fossili più inquinanti al Gas Naturale un punto a favore dei produttori e un'arma poco convenzionale non facile da gestire. Solo le nazioni che hanno posto in atto un processo di autonomia energetica si possono chiamare spettatori del dibattito, vedi gli Stati Uniti; al contrario l'Europa, troppo lenta nelle decisioni, è nel mezzo del guado e senza una chiara strategia.
Russia centro energetico per l'Europa
Al momento le Olimpiadi Invernali a Pechino sembrano scongiurare possibili escalation sul fronte russo-ucraino, almeno secondo la logica che vedrebbe una scelta di attenzione di Putin ad un evento caro a Xi Jinping come alleato sul fronte politico; ma l'Europa sta comunque pagando le tensioni geopolitiche con l'impennata del prezzo delle importazioni di gas naturale dalla Russia. Sebbene i paesi dell'Unione Europea sembrino allineati su nuove eventuali sanzioni, si insiste per il dialogo diplomatico orientato a non indebolire le relazioni commerciali con il gigante energetico. La competizione si fa sempre più forte con gli acquirenti asiatici; la scadenza senza rinnovo dei contratti a lunga scadenza tra Europa e Russia, e la soluzione dei contratti spot, non sembra essere sostenibile. Il prezzo del contratto Title Transfer Facility (TTF) è balzato a quasi 185 EUR/MWh a fine anno scorso; per fare un confronto, il prezzo medio del gas TTF nel 2019 è stato di 14,55 EUR/MWh; il prezzo medio nell'intero 2021 è stato di 47,38 EUR/MWh.
Draghi chiama Putin
Davanti all'acuirsi della crisi ucraina la posizione italiana nei confronti di Mosca non è cambiata: nella recente telefonata con il presidente Vladimir Putin, il premier Mario Draghi ha ribadito la necessità di riconferma della fiducia con l'Europa Occidente. Il passaggio centrale della telefonata ha trovato il presidente russo a ribadire che ‘Mosca continuerà a garantire forniture stabili di gas all'Italia'. E' evidente che Draghi volesse rassicurazioni sul lavoro dei grandi gruppi industriali italiani presenti in Russia considerati ‘principali partner economici'. Putin stesso ha sottolineato come l'Italia sia il terzo Paese europeo per interscambio commerciale con la Russia: il commercio bilaterale è salito nei primi undici mesi del 2021 di quasi il 55% arrivando a 27,5 miliardi di dollari.
Scenari alternativi possibili …
La prova di forza ‘militare' che ha visto lo schieramento di forze russe nelle vicinanza del confine ucraino e l'invio di Stati Uniti, Canada e Regno Unito, in aggregazione ai paesi baltici, di aiuti logistici all'esercito ucraino si sono intensificati anche se Putin non voglia, almeno a parole, un attacco frontale. Il tema finanziario ovviamente vede una crisi che da subito si tradurrebbe in una marcata salita dei mercati petroliferi, in uno scenario con effetti ancora più grandi di quelli già visti nelle scorse settimane. Ad oggi siamo comunque in una posizione di probabilità alquanto limitata. Sarebbe invece chiaro che oltre ad uno stop delle esportazioni di gas verso l'Europa, la Russia potrebbe decidere di fermare anche il flusso di petrolio che rappresenta ad oggi circa il 50% delle esportazioni russe con pesanti ripercussioni sui tre maggiori importatori: Germania, Paesi Bassi e Polonia. La chiusura di esportazione di greggio dalla Russia verso l'Europa troverebbe altresì altri acquirenti, probabilmente in Asia, mentre l'Europa dovrebbe spostare le importazioni di petrolio e condensati da altre parti del mondo con il beneplacito generale dei produttori. Uno scenario opposto e risolutivo sarebbe la conclusione pacifica della crisi con un accordo sui confini tra NATO e Russia, che porterebbe alla normalizzazione dei mercati e una ritrovata esportazione contrattuale di gas dalla Russia verso l'Europa, sia attraverso i gasdotti esistenti, compresi quelli ucraino, sia in relazione all'accordo del gasdotto NordStream2. I prezzi del gas naturale rientrerebbero verso i livelli minimi pre-2021 di 20 EUR/MWh o addirittura più bassi nelle stagioni meno fredde.
… ad una negoziazione troppo lunga
Nello scenario di un prolungamento della crisi attuale, in cui le contrapposizioni non trovano spazi di accordo, proseguirebbe il ‘braccio di ferro' tra Russia – Ucraina e suoi alleati. In questo ultimo contesto la situazione dei mercati energetici rimane di massima cautela. La Russia continuerà ad adempiere ai propri obblighi di esportazione di gas in linea con i contratti esistenti, tuttavia i prezzi del gas naturale rimarranno elevati per tutto il periodo di tensione. In questo scenario, con scorte limitate e un inverno relativamente mite, l'Europa dovrebbe riuscire ad evitare interruzioni nelle consegne di gas fisico usufruendo delle consegne di contratti spot a breve termine e a pronti. In questa logica comunque i contratti mensili TTF potrebbero essere scambiati al di sopra di EUR 200/MWh, con possibili picchi di prezzo anche più elevati e un effetto indiretto sui prezzi dell'elettricità: in diversi paesi la produzione dipende in gran parte dalle centrali elettriche alimentate a gas.
4 febbraio 2022
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.