Gestori di Portafoglio pronti a sfidare la FED

Pubblicato il 22.05.2015

Gestori di Portafoglio pronti a sfidare la FED

Anche se le previsioni per un prossimo aumento dei tassi sui Fed Funds sembrano spostate a fine anno o magari ad inizio 2016, i gestori di portafoglio affilano le armi per non perdere terreno sulle ottime performance accumulate negli ultimi anni, e non solo si preparano a difenderle, ma cercano una tattica offensiva.

La Presidente della Fed Janet Yellen ribadisce che saranno i dati macroeconomici a guidare le decisioni della banca centrale Usa sull'aumento dei tassi di interesse; è ormai chiaro che sarà la crescita del GDP (dato provvisorio anemico nel primo trimestre dell'anno con un +0,2%) a dettare il passo, ma anche il mercato del lavoro ed i consumi. Sebbene rimanga limitato il timore inflattivo per effetto del basso utilizzo della capacità produttiva, la proiezione di un tasso di disoccupazione che possa scendere vicino al 5% nei prossimi trimestri (oggi è al 5,4% mentre era oltre il 6% un anno fa) cambierebbe comunque le prospettive di intervento.

Le società americane sono liquide

L'aumento dei costi di finanziamento sembra non preoccupare in modo eccessivo gli operatori americani che vedono nella normalizzazione del sistema dei tassi un aspetto comunque positivo; la "corporate" statunitense ha avuto un tempo sufficiente per trovare un rafforzamento del piano finanziario e nella estensione della durata dei prestiti. A conferma di questo le grandi società quotate non solo dimostrano un ottimo grado di patrimonializzazione, ma detengono un ammontare di liquidità con un record assoluto. Unico punto di attenzione dei gestori è il rafforzamento del dollaro e la capacità di mantenere una profittabilità che negli ultimi anni ha visto un ottimo incremento e ha influenzato il superamento di nuovi record nei listini di borsa.

Cambio di tattica nei portafogli

Senza fretta i gestori di portafoglio hanno comunque iniziato a pensare al cambio di scenario che la FED potrebbe imporre nei prossimi dodici mesi. Nelle loro indicazioni le case di investimento non vedono particolari scossoni nel mondo azionario e allo stesso tempo presentano le loro iniziative "anti rialzo" cercando di stimolare l'attenzione dei risparmiatori più sensibili. La maggiore preoccupazione sembra legata al ritracciamento del mercato obbligazionario che in questi ultimi decenni ha cavalcato un trend secolare inanellando ottime performance fino a portare le curve di rendimento a livelli molto bassi, mai visti prima.

Parare il colpo sulle obbligazioni

Inutile dire che sono i gestori Usa quelli più interessati alla divergenza di politica monetaria della Fed rispetto ad altre banche centrali come la Banca Centrale Europea e quella giapponese. Il primo accorgimento è intuitivo e si basa sull'aumento di posizioni con strumenti obbligazionari a tasso variabile rispetto al tasso fisso; il secondo è legato alla capacità di sfruttare l'abilità di gestori che possono permettersi posizioni ‘corte' di duration con la vendita allo scoperto delle obbligazioni cresciute molto nel tempo e che potrebbero vedere un ribasso delle valutazioni proprio sulle prospettive di rialzo dei tassi.

Ricerca di Alpha

Sono inoltre molto utili le tecniche legate al mondo azionario dove i gestori con forte abilità selettiva possono vendere allo scoperto le società più penalizzate dall'aumento dei costi di finanziamento, e nello stesso tempo acquistare quelle che ne possono beneficiare (trading long/short sui listini azionari). Anche l'aumento in portafoglio dei cosiddetti "hard assets", materie prime e metalli, tendenzialmente positivi sul rialzo dei rendimenti, può essere una strategia utile sia per la performance che per la diversificazione.

Volatilità in agguato

Se dovessimo analizzare l'andamento di lungo termine della volatilità (VIX:IND) ci renderemmo conto che l'azione delle banche centrali in questi ultimi anni è servita innanzitutto ad abbattere il livello di ‘escursione' dei principali mercati. Una prima riduzione della liquidità proprio dalla banca centrale statunitense potrebbe a questo punto ingenerare un primo aumento della volatilità; ecco quindi l'opportunità di inserire strumenti che possono beneficiare di una maggiore volatilità, se non altro per coprire le posizioni che diverrebbero più rischiose.

 

22 maggio 2015

Corrado Caironi – Investment Strategist di R&CA

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