Gli Indicatori Recessivi preoccupano i Mercati Finanziari

Pubblicato il 15.02.2019

Gli Indicatori Recessivi preoccupano i Mercati Finanziari

E' interessante notare come le diverse specializzazioni nell'ambito della gestione di portafoglio siano tornate a convergere sulle aspettative di una conclusione del ciclo economico e la partenza di una recessione che destabilizzi gli equilibri di liquidità del sistema monetario, innescando una nuova fase di alta volatilità nei mercati. Gli analisi del comparto azionario sono i più attenti a questa prospettiva, anche per gli importanti rialzi ottenuti dai principali indici in questi ultimi anni. La loro ricerca si concentra sui segnali consolidati che annunciano la fase recessiva: rallentamento macroeconomico, sorprese degli utili societari, livelli degli indicatori di fiducia e momentum di mercato. Sul tema si deve comunque sottolineare che le relazioni tra questi diversi indicatori, l'inizio di una recessione economica e l'andamento delle borse non si sono sempre dimostrate coerenti; si può invece affermare che gli indici azionari risultano comunque più sensibili di quanto ci si possa aspettare. Ci sono comunque importanti indicatori che vengono particolarmente attenzionati; uno tra questi è l'inversione della curva dei rendimenti USA quando mostra una differenza negativa tra i rendimenti obbligazionari a lungo termine rispetto a quelli di breve termine.

Rendimenti Treasury statunitensi

I rendimenti dei titoli del tesoro statunitensi si sono dimostrati volatili negli ultimi sei mesi con i rendimenti del decennale UST10y che dal 2,8% di agosto sono arrivati al 3,2% in autunno, per poi scendere al 2,7% di questi giorni. A destare preoccupazione sono stati i segnali di un possibile sorpasso del rendimento del due anni sul decennale. La curva di rendimento ‘invertita' ha infatti previsto correttamente tutte le ultime sette di recessioni negli Stati Uniti dal dicembre 1969; di regola ogni volta che i rendimenti a breve superano quelli a lungo termine, si verifica una recessione entro 12 mesi o nell'anno successivo. Tuttavia, secondo le statistiche, l'inversione della curva dei rendimenti non ha impedito all'indice americano S&P500 di continuare un periodo di rialzo, tranne che nel 1973. Infatti, l'indice S&P500 ha continuato a salire mediamente per altri 11 mesi prima di raggiungere il suo picco. Quindi, mentre la curva dei rendimenti sembra risultare un buon indicatore di recessione, il suo limite è la previsione dei picchi del mercato azionario.

Cosa dicono le valutazioni degli indici

Un ulteriore segnale sono le ‘alte valutazioni azionarie' che normalmente precedono le recessioni. La sequenza comporta successivamente una rapida caduta, una normalizzazione a livelli più bassi, e una lunga sequenza di ripristino. Anche in questo caso le statistiche mostrano che i rapporti P/E Fwd (prezzo/utili) dell'indice S&P500 sono variati molto prima dell'inizio delle recessioni passate. In realtà in alcuni casi i rapporti P/E fwd si trovavano leggermente al di sotto della media a lungo termine proprio prima della recessione. Se analizziamo le ultime sette recessioni negli Stati Uniti, l'indice S&P500 ha registrato in media un picco sei mesi prima dell'inizio ufficiale del recessione. Solo in due occasioni, nel 1980 e 1990, il picco nel mercato azionario in realtà è coinciso con l'inizio della recessione. Gli analisti ritengono che statisticamente, i mercati azionari tendono a comportarsi in modo solido fino a 12 mesi prima di una recessione, mostrano una situazione altalenante positiva da 12 a 6 mesi prima dell'evento, e quindi tendono a scendere nei sei mesi prossimi all'inizio. Infine è doveroso ricordare che è possibile riconoscere una recessione ‘certificata dai numeri' solo sei mesi dopo il suo inizio e questa è la ragione di tanta incertezza sulle previsioni.

15 febbraio 2019

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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