Il binario delle Banche Centrali nel 2018

Pubblicato il 08.11.2017

Il binario delle Banche Centrali nel 2018

Il dubbio dei banchieri centrali si è spostato dalla domanda: "siamo davanti o dietro la curva dei rendimenti?" a: "quanto può ancora essere utile rimanere a livelli di tassi di interesse così compressi?". La visione degli analisti finanziari rimane alquanto ‘liquida' dopo l'attivazione delle svariate manovre che la politica monetaria ha svolto negli ultimi dieci anni, ma anche altrettanto ‘condizionata' nelle forme che prenderà nel 2018. In realtà le cose sono andate in modo molto diverso travolgendo la teoria monetaristica classica precedente agli anni 90. Mi piace definire gli autori della recente politica monetaria (Greenspan, Bernanke, Yellen, Kuroda e Draghi) come ‘neopost-monetaristi' ai quali è valsa la competenza di risolvere una serie di crisi economico-finanziarie mettendo in campo strumenti non convenzionali mai studiati prima, secondo elaborazioni che hanno riguardato, solo per citarne alcuni: Helicopter money, Quantitative easing (QE), Zero interest-rate policy (ZIRP), tassi sui depositi negativi. Il piano monetario espansivo statunitense è durato ben nove anni se pensiamo ai tagli iniziati dalla FED il 18 settembre 2007 con un percorso di azzeramento dei Fed Funds fino al 16 dicembre 2008, e successivo piano ZIRP durato fino al dicembre 2015.

Buoni dati macroeconomici

Gli operatori finanziari sono concordi che il processo inverso, ovvero di restrizione monetaria, avverrà in un altrettanto spazio temporale non di breve termine; la convinzione basa le sue assunzioni sulla capacità dell'economia di trovare un equilibrio sostenibile tra crescita economica, dinamica dei prezzi, occupazione e aumento della produttività. Le recenti discussioni sui mancati effetti dell'aumento di inflazione a fronte del calo della disoccupazione, sembrano optare per l'entrata in campo della tecnologia che ha mitigato i salari aumentando la produttività, in uno scenario che si mantiene comunque in un trend di aumento occupazionale. Anche dal punto di vista delle dinamiche sui prezzi ad incidere sono sicuramente fattori quali l'ottimizzazione dei consumi di materie prime, l'introduzione della sharing economy nei servizi e l'aumento esponenziale del recupero e riciclo, base fondante per l'economia circolare.

Dollaro Usa in recupero, salvo interventi politici

In concreto l'outlook sull'operato dei banchieri centrali per il 2018 vede al momento un processo ancora benigno. La più restrittiva potrebbe essere la Federal Reserve statunitense, FED, che dopo l'aumento atteso sui Fed Funds nel prossimo dicembre di 0,25 bps all'1,5%, potrebbe portare al 2,5% i tassi a fine 2018 con rialzi trimestrali di 0,25 bps. A seguire la FED nel suo processo restrittivo tra le autorità centrali del G7 risulterebbe solo la Banca Centrale del Canada, RBC, che dopo i due recenti rialzi si presterebbe a portare i tassi dall'attuale 1% all'1,75% a fine 2018. La continuazione del processo di acquisto di titoli della Banca Centrale Europea, cosiddetto Quantitative Easing (ridotto a 30 mld Euro al mese e previsto almeno fine a settembre 2018 se non prorogato) avrebbe l'effetto di ridurre la rivalutazione dell'Euro degli ultimi trimestri, nella prima parte del 2018. Tema di impatto sul biglietto verde rimane la nuova ‘politica internazionale' del presidente Donald Trump che vuole riequilibrare la bilancia commerciale statunitense in accordo con i maggiori partner; in questi giorni il presidente è in visita in Asia.

8 novembre 2017

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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