Il Bund tedesco guida i rendimenti dell'area Euro
Pubblicato il 11.05.2015
Lo scatto dei rendimenti
Nelle ultime settimane si sono visti alcuni interessanti movimenti dei flussi di investimento. Il più impressionante è stato forse quello relativo al mercato obbligazionario dell'area Euro: il Bund, titolo di stato decennale tedesco, in poche sedute tra fine aprile e inizio maggio, ha visto un forte movimento di vendite che ha riportato il rendimento da 0,05% a 0,60% condizionando tutti gli altri titoli governativi, come il BTP decennale italiano che è tornato a sfiorare il 2%. I risparmiatori sono rimasti perplessi, ma se si osservano i dati solo di dodici mesi fa si può notare che il rendimento del Bund era dell'1,5% e quello del BTP era addirittura sopra il 3%. Secondo gli analisti obbligazionari è stato un movimento di riequilibrio dettato dal segnale di normalizzazione delle condizioni economiche dopo che il Presidente della Banca Centrale Europea (BCE) Mario Draghi ha mostrato segnali positivi sulle previsioni macro dei prossimi mesi e parole confortanti riguardo all'uscita dal rischio ‘deflazione'.
I timori sulle politiche della FED
Il vero 'dilemma' viene invece da oltre oceano dove si attente una mossa della banca centrale statunitense; la Federal Reserve è ormai pronta ad iniziare il nuovo corso di restringimento con il primo aumento dei tassi dei Fed Funds. La preoccupazione degli investitori è legata soprattutto a ‘quando' questo evento avrà inizio e ovviamente all'impatto sui mercati finanziari. Sul tema del ‘quando', il consensus sposta la data del primo rialzo almeno a dopo l'estate, ma saranno i dati macroeconomici a dettare la tabella di marcia, come precisato dalla Presidente della FED Janet Yellen nelle ultime conferenze stampa. Dopo la doccia fredda del GDP del primo trimestre 2015, fermatosi ad un risicato + 0,2% rispetto ad attese di + 1%, gli economisti si stanno sbilanciando nella convinzione che il dato potrebbe essere rivisto ancora al ribasso.
Il mercato finanziario vira a "prudente"
Secondo gli Strategist di portafoglio statunitensi il momento del rialzo dei tassi è maturo e lo dimostrano i dati del mercato del lavoro e l'inflazione. L'uscita dalla politica ZIRP (zero interest rate policy - a tasso zero) è necessaria per far riprendere potere alla banca centrale, soprattutto per due ragioni, la prima è quella di ‘ricaricare' gli strumenti monetari in previsione di una prossima discesa del ciclo economico e la seconda di evitare il rigonfiamento di una bolla, figlia del lungo periodo di liquidità, con valutazioni che si distanzierebbero dall'economia reale.
L'aumento della volatilità
E' difficile pensare che la politica monetaria più restrittiva americana non possa avere un impatto sui mercati anche se in modo più o meno marcato nelle diverse asset class (azioni e obbligazioni) e soprattutto nelle aree; il tutto potrebbe riassumersi con un semplice aumento della volatilità. Le valutazioni degli attivi finanziari dovranno trovare nuovi equilibri tenendo conto di fattori quali l'inflazione attesa e la crescita degli utili aziendali, due variabili che non sembrano dimostrare grandi problemi al momento. La maggiore preoccupazione è legata al fatto che la correlazione tra le due macro classi di attivo (azionario e obbligazionario) è aumentata in modo deciso nel primo trimestre, forse anche per effetto della politica ultra espansiva della BCE; l'impatto potrebbe quindi coinvolgere contemporaneamente tutti e due i mercati. Una strategia difensiva potrebbe essere utile a superare l'incertezza di questo periodo di cambiamento.
Il valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.