Il conflitto genera avversione al rischio

Pubblicato il 04.03.2022

Il conflitto genera avversione al rischio

Le borse finanziarie stanno proseguendo il trend di discesa con una recente accelerazione forzata dall'incertezza del conflitto militare in Ucraina. In questa fase perdurante, la situazione di poca visibilità sulla risoluzione militare ha condizionato una vendita prima ‘composta', atta ad incentivare una rotazione tra settori, per poi procedere con ribassi e volatilità più accentuati. Rispetto alla storia sappiamo anche che l'innesco di processi di ‘panic selling' (smobilizzo del portafoglio da panico) hanno generato revisioni importanti dei listini e successive opportunità.

Potremmo essere davanti ad una situazione di questo tipo?

La guerra in Ucraina ha cambiato strutturalmente lo scenario macroeconomico; nuovi costi bellici ribilanciano la riapertura ormai realistica di tutti i settori economici, a fronte di un contenimento del Covid-19, sebbene con diverse velocità. Anche le sostanziali certezze di inizio anno, sia dal lato della domanda che dell'offerta, devono rivedere la spesa dei consumatori orientata verso beni e servizi, la variabilità dei risparmi, l'allentamento nei colli di bottiglia nell'offerta in vari settori e un nuovo equilibrio nel mercato del lavoro. Nel bilancio globale la pandemia ha accelerato vari cambiamenti strutturali, come i modelli di politica fiscale e monetaria, gli investimenti pubblici su larga scala nella decarbonizzazione e nella digitalizzazione, i processi aziendali più orientati alla resilienza in un contesto di deglobalizzazione. La nuova situazione bellica ha portato gli economisti a valutare la possibilità di un aumento probabilistico di stagflazione, qualora i dati economici mostrassero una decisa caduta del GDP a fronte del continuo aumento dei prezzi, anche se la visione resta orientata più al rischio inflazione che ad una stagnazione economica. Le stime di crescita in realtà non sembrano sostenere modifiche eccessive; il soft patch di Omicron poneva la crescita nei mercati sviluppati in una posizione ottimale dopo il forte rimbalzo dello scorso anno. Anche il picco di inflazione trovava nella visione delle banche centrali l'attesa di qualche trimestre prima di una revisione verso i target di lungo termine.

Crescita e inflazione

E' possibile che il protrarsi della risalita generalizzata dei prezzi possa far deragliare la ripresa? La variabile guerra, nell'impatto più immediato su materie prime ed energia, ha chiaramente ridotto le prospettive di reddito reale disponibile delle famiglie, e di fiducia, ma anche dei piani di investimento societario. Le attese sull'inflazione si sono modificate dopo che il petrolio ha nettamente superato i 100 $/b, mentre il Gas Naturale ha raggiunto un multiplo di valore rispetto ad un anno fa, in rialzo a circa 160 Euro per MWh dopo aver toccato un nuovo record a 199,99 Euro. Secondo le diverse opinioni il dilemma in comune è quanto questa guerra possa continuare; uno dei motivi prevede che il picco dell'inflazione svanirà sul riassestamento tra domanda e offerta e al venire meno della speculazione, avvantaggiata dai tempi di riequilibrio. Le tensioni con la Russia non nascondono la dipendenza di circa il 17% della fornitura mondiale di gas naturale, con oltre il 40% di importazioni da parte dell'Europa. E' evidente che l'Europa sia ormai intenzionata a rivedere questa dipendenza; nel primo round di sanzioni, la Germania ha interrotto il processo di certificazione del Nord Stream 2. Gli analisti del settore prevedono un'accelerazione dell'accordo nucleare con l'Iran per un rapido ritorno di 1,3 mbd di petrolio iraniano. Nonostante la riattivazione di altre fonti, come quella del carbone, la domanda trainata dalle riaperture trova le scorte dell'OCSE ristrette ai minimi da sette anni; in questo contesto troverebbe utilità il contrappeso di un aumento dell'offerta di petrolio dell'OPEC a fronte di produzione russa riorientata verso l'Asia. Al momento le prime stime a livello indicativo portano la revisione del GDP globale per il 2022 ad una riduzione dalle precedenti stime di 0,3% al 4,3% con un impatto selettivo tra paesi esportatori ed importatori netti di materie prime, invariate le previsioni sul 2023. 

Revisione dei portafogli di investimento

Il nuovo scenario ha posto una seria revisione dell'asset allocation in relazione ad almeno tre fattori chiave di impatto nel portafoglio di investimento. Il primo riguarda le decisioni delle Banche Centrali nel possibile cambio della strategia restrittiva ormai comunicato, ma che troverebbe spazio per una revisione. Le obbligazioni governative in poche sedute hanno ritrovato slancio con una riduzione della perdita registrata da inizio anno determinata da attese di ricorsivi aumenti dei tassi di interesse e riduzione degli acquisti con la conferma del Tapering. Il secondo riguarda l'aumento dell'avversione al rischio e la necessità di un premio per il rischio più elevato. Il ritorno delle Value Stock in modo preponderante nei portafogli: la volatilità che sta colpendo in modo esteso tutte le classi attivo a rischio trova nelle azioni ad alta qualità patrimoniale, e di utili sostenibili, una difesa più sensibile nella gestione del portafoglio. Infine l'incremento delle commodity nel portafoglio a difesa dell'aumento di inflazione. Gli analisti hanno rivalutato la presenza di metalli industriali come rame ed alluminio. Le scorte di rame risultano sui livelli più bassi dal 2005 mentre la domanda sta tornado a consumi normali dopo la pandemia; un più ampio stimolo in Cina e la ripresa del ciclo di rifornimenti nei mercati sviluppati troverebbero ragione per un buon andamento dei prezzi. Da non sottovalutare un controbilanciamento alla volatilità con la detenzione dei metalli preziosi e l'accresciuta domanda di beni rifugio, peraltro guidata da un dollaro USA più forte.

4 marzo 2022

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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