Il ritorno delle Materie Prime
Pubblicato il 14.02.2017
Mentre gli investitori sono tornati da tempo a guardare con favore al mercato emergente si allarga il consenso sulla necessità di riposizionare nel portafoglio una percentuale di materie prime; sono infatti gli strategist di asset allocation a porre l'accento sulle prospettive positive delle commodity come diversificazione in un trend di evoluzione del ciclo economico e finanziario. Da tempo il settore Materials era stato accantonato dagli investitori dopo aver sofferto un eccesso di offerta durato anni; negli ultimi cinque anni il Bloomberg Commodity Index Total Return è passato da oltre 300 punti agli attuali 179 con un calo del 40%. In verità negli scorsi 12 mesi il mercato delle materie prime ha iniziato una lenta risalita. Il tema del calo della domanda in Cina rimane forte, ma meno influente rispetto a fattori globali quali Capex (investimenti fissi) e ciclo economico che, dopo lo stallo della crisi finanziaria del 2008, sembrano aver ritrovato un modello di trend positivo.
Trump insiste sulle infrastrutture
A dare una spinta ulteriore ai prezzi delle commodities sono anche le continue esternazioni del presidente Donald Trump nei riguardi di un rinnovamento delle infrastrutture negli Stati Uniti. Dagli incontri con i manager di gran parte della Corporate americana, Trump ha continuato a sottolineare la necessità di rinnovamento di stazioni, porti, aeroporti e strade di comunicazione in parte obsolete rispetto ai cambiamenti necessari per riaccelerare l'economia del paese. Il punto chiave su cui il governo Trump potrebbe spingere senza pesare sulle finanze pubbliche, è il processo di semplificazione regolamentare oltre alla incentivazione fiscale. L'economia statunitense secondo molti economisti si è troppo burocratizzata, al contrario di altri paesi che si sono adoperati a riforme strutturali per la crescita. Il segnale di protezionismo di cui Trump si sta facendo portavoce non avrebbe senso senza una chiara deregolamentazione e svecchiamento della prassi interna.
Petrolio tra tagli Opec e aumento Shale Oil negli Usa
Sul tema energetico l'Arabia Saudita ha confermato che l'OPEC ha tagliato la produzione di petrolio andando oltre i suoi obblighi in modo da riequilibrare i mercati mondiali. Secondo un rapporto mensile dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio proprio l'Arabia Saudita, quale maggiore produttore, ha ridotto nel mese scorso la produzione di 717,600 bb/g arrivando a 9,748 mm/bbg. Secondo tale logica l'accordo di fornitura rispetto alla crescente domanda sembra incorporare un aumento dei prezzi del petrolio per i prossimi mesi. Si deve comunque tenere conto della ripartenza negli Stati Uniti della produzione di shale oil e gas. La propensione verso un aumento della produzione di prodotti energetici è stata ribadita da Trump in occasione dell'incontro con le compagnie aeree dove ha sottolineato la necessità di stabilizzare i costi energetici. In definitiva, vista la domanda senza particolari cambiamenti di trend, il controbilaciamento delle produzioni tra paesi Opec e Usa dovrebbe tenere lontano almeno per i prossimi mesi la volatilità sui prezzi energetici. In termini di portafoglio finanziario è ragionevole pensare di mantenere una visione positiva su settori globali quali Materials e Energy, anche in funzione di una copertura verso il trend reflazionistico avviato dalle politiche fiscali e monetarie.
14 febbraio 2017
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.