Impatto Mercati tra FED e COP26
Pubblicato il 05.11.2021
Ci si domanda quanto i mercati finanziari potranno rimanere insensibili da un lato alle mosse preannunciate di politica monetaria più restrittiva, ma anche alle indicazioni sulla sostenibilità ambientale che stanno mettendo davanti un aumento dei costi di transizione energetica non indifferenti. Nella conferenza stampa, dopo la riunione della FED statunitense, Jerome Powell ha ribadito che nonostante la banca centrale stia cambiando la sua politica monetaria, non c'è nessuna intenzione di alzare i tassi d'interesse e questo per lasciare tempo al mercato del lavoro di riprendersi a pieno; ha aggiunto che gli Stati Uniti potrebbero raggiungere la massima occupazione entro la metà del prossimo anno. Ha invece evidenziato la decisioni della banca centrale di avviare il tanto citato Tapering, con il passaggio dagli attuali acquisti mensili di 120mld$ mese a 105 mld$, a partire da metà novembre. Attualmente la FED acquista ogni mese 80 miliardi $ di Treasury e 40 mld$ in titoli di Agenzie statunitensi; questi acquisti di titoli saranno ridotti mensilmente di $ 10 miliardi per i titoli del Tesoro e di $ 5 per i titoli delle agenzie, almeno inizialmente. La mossa di Powell è quindi indirizzata a capire se l'economia, e il sistema finanziario, possono sussistere senza l'attuale immissione di liquidità, questo senza usare la leva dei tassi sui FED Funds.
Crescita Economica e Inflazione
Negli Stati Uniti rimane il dubbio su una crescita economica rallentata, almeno secondo le stime di GDP di +2% del 3^ trimestre (+6,7% nel 2^ trimestre), e dall'aumento di prezzi/costi come elemento chiave per una gestione corretta degli obiettivi di inflazione. La Fed rimane vigile soprattutto sul balzo in avanti dei prezzi sia di origine contingente quanto transitoria. Il riferimento di gradualità, visto che qualcuno si aspettava una riduzione di acquisti mensili più accentuata, sembra indicare la gestazione di almeno tre punti chiave nel processo decisionale americano: a) tetto del debito in funzione dei piani necessari ad implementare i programmi Build Back Better proposti da Biden, b) implementazione del piano di transizione energetica sulla sostenibilità ambientale, che si sta dimostrando alquanto complesso dopo gli impegni/disimpegni (Russia, Cina, India e paesi OPEC) a COP26 di Glasgow, e c) dati macroeconomici prospettici per i prossimi due anni (dati aggiornati che verranno presentati dalla FED in dicembre). I mercati finanziari sembrano impermeabili ad ogni dichiarazione politica, mentre seguono con attenzione la stagione degli utili societari, ancora sorprendentemente positiva.
COP26 a Glasgow
La lunga conferenza COP26 a Glasgow sull'ambiente risulta strategica per varie motivazioni; in primo luogo è una prima tappa dopo COP15 di Parigi in cui i paesi sviluppati si erano inizialmente impegnati a raggiungere l'obiettivo collettivo di mobilitare 100 mld$ all'anno entro il 2020 in aiuto ai paesi in via di sviluppo, impegno esteso al 2025 alla COP21, con l'obiettivo di fornire supporto a paesi emergenti nel mitigare e adattarsi agli impatti negativi del cambiamento climatico. Sebbene i dati disponibili siano solo fino al 2019, risulta improbabile che l'obiettivo sia stato raggiunto. Gli scenari previsionali forniti dall'OCSE suggeriscono che l'obiettivo potrebbe essere superato nel 2023, e rimanere al di sopra nel 2024 e nel 2025. Canada e Germania hanno lanciato un piano per la erogazione dei finanziamenti per il clima sulla base di una serie di principi guida per l'azione collettiva, compreso l'aumento di sovvenzioni per i paesi più poveri e vulnerabili a seguito degli allarmi per la difesa contro le inondazioni/siccità, la costruzione di infrastrutture per una agricoltura più resiliente, e di azioni per la tutela ed il ripristino degli habitat con problemi che riguardano la deforestazione.
Le discussioni da seguire
Ancora più impellente il tema degli obiettivi di emissione: COP26 chiede che tutti i paesi si pronuncino sugli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e che si allineino allo zero netto entro il 2050. Solo in questo modo sarebbe possibile limitare il surriscaldamento a 1,5 gradi Celsius: l'accordo di Parigi mirava infatti a mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2 gradi sopra i livelli preindustriali. In questa logica i Paesi partecipanti sono stati incaricati di stabilire i propri obiettivi di UNFCCC (UN Framework Convention of Climate Change) sotto forma di contributi determinati a livello nazionale (NDC - Nationally Determined Contributions) e di poterli migliorare e valutare ogni cinque anni. A COP26 sono circa 150 i paesi che hanno presentato NDC aggiornati, numero che rappresenta circa il 60% del mercato globale delle emissioni. Mancano ancora convergenze chiare in quanto gli NDC differiscono per il loro grado di dettaglio e per il fatto che gli impegni presi siano subordinati a fattori quali supporto internazionale, azioni di altri paesi o capacità di approvare leggi specifiche. In definitiva tutti i paesi dovrebbero definire piani e azioni nelle aree in un quadro condiviso e comune. Il regolamento, cosiddetto ‘Paris Rulebook', continua a riscrivere le regole necessarie per attuare l'accordo di Parigi; in questo contesto si inseriscono i meccanismi di mercato per il sistema internazionale di scambio di quote di emissione, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, che consentirebbe al pubblico e soggetti privati di negoziare le riduzioni delle emissioni di CO2. Un passo importante potrebbe essere una maggiore accuratezza nelle misurazioni e statistiche; per questo i governi mirano anche a concordare tempistiche comuni per gli NDC per promuovere coerenza e comparabilità.
5 novembre 2021
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.