L'OPEC taglia per spingere il Petrolio
Pubblicato il 14.10.2016
Lo scetticismo sulla capacità di un accordo all'interno dei produttori di petrolio era evidente tanto che nonostante gli annunci, il prezzo in forte rialzo si è poi riposizionato. E' invece stato il successivo incontro tra Arabia Saudita e Russia a riaccendere l'interesse per l'oro nero. Per inquadrare meglio il tema dobbiamo tornare alla riunione dell'Opec di fine settembre che ha mostrato il ritorno di una strategia comune e la capacità di condividere un taglio della produzione, il primo dopo otto anni, a favore di una stabilità dei prezzi del petrolio. L'oggetto è stata la prospettiva di una riduzione della produzione da 33,24 mbg (milioni di barili al giorno) a 32,5 con un taglio di circa 750.000 barili; la decisione dell'Opec vede la proposta di istituire una commissione che definisca in quali proporzioni i paesi produttori si impegneranno sui tagli, il tutto in vista della prossima riunione di Vienna del 30 novembre. A sostenere la necessità di un riequilibrio dell'offerta la Russia che è ormai divenuto il più grande produttore con i suoi 11mbg contro i 10,2 dell'Arabia Saudita, leader dell'Opec.
Lo scatto dei prezzi in attesa dei prossimi incontri
La questione chiave comunque è dove si posizionerà il prezzo del barile nei prossimi mesi. Il quesito non sembra così semplice da risolvere anche perché rimangono da analizzare i futuri quantitativi tra produzione e consumi. Partendo dall'offerta è evidente che l'aumento del prezzo del barile sopra 50 $ si porrebbe come trigger nel far ripartire le trivelle dei paesi non-Opec, compensando di fatto il taglio dei maggiori produttori. Ricordiamo che il mercato presenta tutt'ora uno sbilanciamento ed eccessiva offerta. Inoltre rimane al momento incerta la ripartizione dei tagli, affidata ad una commissione di studio, con l'Iran appena ripartito dopo un embargo durato a lungo, e che vorrebbe tornare a produrre 4 milioni di barili al giorno rispetto ai 3,6 di oggi.
Domanda in linea con una crescita economica lenta
Sul tema della domanda i più grandi consumatori risultano in uno scenario ancora di difficile lettura; in generale le scorte alte non sembrano capaci di grandi spinte sui prezzi. La Cina ha approfittato dei prezzi bassi per rimpinguare le sue riserve, vicine ai massimi, mentre negli Stati Uniti lo scenario vede le scorte sopra la media storica. Le recenti capacità di produzione statunitensi, rallentate dal calo dei prezzi, sono pronte al rilancio produttivo. Tornando alla Cina si deve aggiungere che la decisione dopo il G20 di abbassare le emissioni nel rispetto degli accordi di Parigi dovrebbe impattare negativamente sia nel consumo di petrolio che delle corrispettive importazioni.
Una variabile da controllare sarà il dollaro
Il recente rialzo del prezzo del petrolio sembra quindi più trascinato dalla speculazione che da uno squilibrio di mercato. Gli analisti rimangono convinti che oltre alle variabili di domanda e offerta, l'andamento del dollaro sarà un elemento condizionante i prezzi delle materie prime e quindi del petrolio. La correlazione inversa che vedeva l'aumento dei prezzi del petrolio in funzione di una svalutazione del dollaro sembra ora meno evidente, sebbene storicamente rilevante. L'aumento dei tassi dei Fed Funds previsto a dicembre potrebbe proiettare nel tempo un dollaro più forte, anche se il restringimento potrebbe essere a sua volta condizionato dalle stime di crescita economica.
14 ottobre 2016
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.