Mercati: è questione di recessione?

Pubblicato il 27.05.2022

Mercati: è questione di recessione?

Uno dei temi più discussi a livello finanziario riguarda ‘quanto sia probabile' un passaggio economico recessivo, problema che se per molti vedrebbe un impatto temporaneo, lascerebbe comunque aperta la ferita sugli indici componenti i portafogli di investimento. Non secondaria tra le motivazioni il prolungarsi del rincaro delle materie prime, e la conseguente inflazione al consumo, tema che sta avvantaggiando solo una ristretta selezione di settori, in primis quello dell'energia. Secondo alcune analisi, nonostante le preoccupazioni circa specifiche valutazioni azionarie statunitensi ancora elevate, ormai complessivamente in area deflazionistica, la forza del dollaro USA e l'aggressivo cambiamento di politica monetaria della Fed stanno ancora trovando importanti afflussi verso gli Stati Uniti, misurati da acquisti esteri di titoli e dagli investimenti diretti esteri (IDE). Con una crescita generalizzata anemica nella maggior parte delle economie di altre parti del mondo, sembra mantenersi elevata l'attrattiva sui mercati nordamericani e il relativo posizionamento di portafoglio.

Inflazione Usa al picco

Dagli Stati Uniti il mercato del lavoro sembra proteso a parametri più coincidenti; il tasso di disoccupazione è vicino ad un minimo multidecennale con l'ultimo report sull'occupazione che ha mostrato una continua accelerazione da inizio anno. Ma gli indicatori anticipatori dell'occupazione, dove la Fed dovrebbe concentrare la sua politica monetaria, stanno mostrando segni di cedimento. Il Conference Board Employment Trends Index (CBETI) che misura in aggregato i principali indicatori occupazionali stima una crescita più lenta degli stipendi con l'indice ad aprile in decelerazione: l'aumento percentuale a sei mesi risulta il più debole dai minimi della crisi del coronavirus nel 2020 ovvero quasi due anni fa. Anche le richieste di sussidio di disoccupazione hanno indicato un rallentamento della crescita così come il ritracciamento dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a lunga scadenza e dell'indice USD. Se da un lato la domanda finale rimane supportata dalla solidità di famiglie e imprese, rimane il dubbio sugli interventi restrittivi della Federal Reserve statunitense atti a normalizzare la politica monetaria senza far deragliare l'economia. E' pur vero che il processo di rerating delle valutazioni azionarie, in risposta al nuovo regime di politica monetaria restrittiva per fronteggiare l'inflazione, dovrebbe risultare ormai piuttosto avanzato.

Prossime mosse della FED

I verbali della riunione della Fed di inizio maggio hanno segnalato che nelle prossime due riunioni aumenti dei tassi dei Fed Funds di 50 bps sarebbero probabilmente appropriati per frenare l'aumento dell'inflazione. Le indicazioni lasciano aperte le mosse future per una politica dipendente dai dati economici e segnali di rallentamento dell'economia. Da qui la volontà della Fed di mantenere comunque un approccio flessibile e, in assenza di sorprese, di tenere positivo il sentiment di mercato. Su queste considerazioni la maggior parte degli strategist mantiene una visione strategica positiva su un recupero degli asset rischiosi. Se quindi i rischi di recessione restano sotto il controllo della banca centrale, si intravedono aree di recupero a medio termine. Nonostante il mood di breve rimanga orientato alla cautela la detenzione di troppa liquidità potrebbe significare una perdita di potere d'acquisto, dato l'alto livello di inflazione.

Mercato azionario USA

Davanti a posizioni di shock, come per la pandemia e la conseguente inflazione da offerta, consumatori ed imprese hanno dovuto adeguare le proprie aspettative; questo ha indotto a nuove decisioni in materia di consumi ed investimenti. In realtà, il settore privato è spesso coinvolto da shock di fiducia soggetti a cambiamenti bruschi e improvvisi non necessariamente correlati all'economia sottostante, ma se persistenti atti a cambiare i trend consolidati; inflazione e interventi monetari si stanno rivelando un forte shock. Guardando alle valutazioni azionarie, l'indice S&P 500 è ormai sul limite del bear market, con un ribasso di circa il 18% dal suo record di inizio anno. Le stime sui profitti dell'indice vedono il tasso di crescita degli utili atteso per il secondo trimestre a +5,4%, anche se escludendo il settore energetico il tasso di crescita passa in territorio negativo a - 1,7%. Sei degli undici settori dell'indice prevedono un miglioramento degli profitti rispetto al trimestre precedente; l'energia e i settori industriali registrano i tassi di crescita più elevati, mentre il settore finanziario è quello più debole rispetto al medesimo trimestre del 2021. A fronte dei movimenti di mercato le valutazioni P/E fwd 12m dell'intero indice S&P500 sono passate in sei mesi da 21,8x ai 16,6x attuali registrando un livello sotto la media a 25 anni di 16,8x.

Portafogli di investimento

Lo scenario prospettico a breve, ancora confuso, ha portato ad una parziale riduzione del budget di rischio per la maggior parte dei portafogli; su base relativa le azioni rimangono una delle opzioni più interessanti per gli investitori, in quanto la volatilità del mercato obbligazionario è aumentata e parti della curva del Tesoro e del credito si sono appiattite. Nel comparto azionario, dopo il ridimensionamento delle valutazioni, le preferenze sono tornate verso i titoli statunitensi rispetto a quelli internazionali, con un più recente downgrade per quelli europei a fronte di un deterioramento dei fondamentali, un calo della fiducia di imprese e consumatori e previsioni di rallentamento nella crescita degli utili. In Europa, il prolungamento del conflitto in Ucraina ha modificato le prospettive per una risoluzione diplomatica a breve; la dipendenza dalle fonti energetiche russe e il rallentamento previsto nell'offerta di moneta hanno provocato una revisione dei portafogli. In termini di stili di investimento le statistiche indicano una sovraperformance del Value durante i periodi di aumento dei tassi; prosegue l'indicazione a favore di mid/small cap che tendono a sovraperformare le large cap, quest'ultime dominate da un ristretto numero di titoli tecnologici di mega capitalizzazione.

27 maggio 2022

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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