Mercati in attesa delle decisioni negli Stati Uniti della FED

Pubblicato il 14.03.2017

Mercati in attesa delle decisioni negli Stati Uniti della FED

Le autorità monetarie si sono dimostrate una chiara guida ai mercati finanziari, ma negli ultimi mesi il cambio di rotta degli Stati Uniti sembra destinato a sorprendere su altri due fronti: politico e finanziario. La banca centrale statunitense si sta adeguando al cambiamento aumentando il costo del denaro, in divergenza alla politica espansiva ancora in atto in Europa e Giappone. Il rendimento medio delle obbligazioni governative a dieci anni dei paesi del G7 (Usa, Germania, Canada, Gran Bretagna, Giappone, Italia e Francia) è oggi all'1,4%, un tasso storicamente contenuto, solo pochi anni fa era al doppio. Nell'ultimo mese il rendimento è comunque salito di 7 punti base e a distanza di un anno il rialzo ammonta a circa 40 punti base. E' chiaro che l'aumento dei rendimenti porta automaticamente ad un calo dei corsi e ad una perdita di valore dei titoli. In verità sul mercato obbligazionario i meno preoccupanti, almeno apparentemente, sono gli strategist di portafoglio: l'andamento molto positivo delle borse ha sicuramente allentato la tensione sui ritorni attesi tanto che alcuni gestori dei portafogli cosiddetti ‘Total Return' si stanno chiedendo se con gli attuali rialzi sarebbe il caso di consolidare le performance attuando un ‘profit taking' abbassando drasticamente le posizioni di rischio.

Persiste la ‘Repressione Finanziaria'

Eppure il tema del mercato obbligazionario rimane un punto di alto interesse non solo perché rappresenta investimenti per oltre due terzi del risparmio globale, ma anche per l'economia reale che oggi cresce soprattutto per il costo di finanziamento ancora basso. Il tema degli scarsi rendimenti obbligazionari è stato condizionato, e forse troppo giustificato, dalla politica monetaria delle banche centrali. E' divenuto chiaro a tutti che per combattere la deflazione le autorità monetarie hanno dovuto abbandonare gli interventi di politica espansiva ampiamente conosciuti per entrare in una logica di strumenti "non-convenzionali" con l'obbiettivo non solo di ritirare dal mercato una grande parte di titoli che immobilizzavano i bilanci, ma soprattutto di fornire liquidità su ogni parte della curva dei rendimenti a tassi sempre più bassi.

La discesa dei rendimenti ha offerto benefici

A beneficiarne sono stati in verità un po' tutti: da un lato gli investitori di obbligazioni a lungo termine hanno accumulato enormi capital gain, mentre cedole decrescenti e in molti casi tassi di interessi negativi hanno svantaggiato chi deteneva liquidità in portafoglio. Vantaggi per le aziende che hanno pensato di emettere a medio e lungo termine sfruttando la "forte domanda" dei risparmiatori e investitori istituzionali come i fondi pensione. Infine vantaggi per i bilanci degli emittenti sovrani che hanno abbattuto la spesa per interessi e allungato la duration del debito: conosciamo tutti in Italia la storia recente del Btp TF 2,8% Mz67 Eur emesso solo sei mesi fa appena sotto 100 ed oggi quotato a 80.

Relazioni macroeconomiche e rendimenti obbligazionari

A sostenere il mercato obbligazionario sono comunque le variabili macroeconomiche, come crescita ed inflazione, in gran parte sottostimate dagli investitori. In effetti il ciclo economico globale fa fatica ad esprimersi, rimanendo a tassi di espansione sotto trend anche nelle regioni più reattive come Stati Uniti e Asia, mentre motori di inflazione come il petrolio stanno di fatto consolidando. Il tema diventerebbe invece diverso se si iniziasse a pensare ad un aumento del reddito disponibile che cambierebbe le prospettive dell'inflazione; questo risulta infatti uno dei punti in programma all'amministrazione Trump in concerto col taglio delle imposte enunciato ripetutamente durante la campagna elettorale. La contraddizione rispetto alla storia è che la crescita economica è in fase espansiva (G7 a +1,5% PIL annuo) e l'inflazione media dei paesi del G7 è di +1,7%, nettamente superiore al tasso di rendimento dei rispettivi Titoli di Stato che come già detto si ferma a +1,4%, mettendo in evidenza un tasso reale di rendimento negativo a – 0,3% tipico solo di fasi di ciclo economico recessivo.

Bond pronti per un cambio di rotta

Se quindi l'inflazione dovesse manifestarsi in modo più chiaro, con attese più durature, lo scenario per il mercato obbligazionario potrebbe essere critico, e con esso in parte quello azionario per effetto di costi di finanziamento in crescita. Il deleveraging attuato nell'intermediazione del credito di questi anni, frutto di una regolamentazione patrimoniale più rigorosa da parte degli organi di vigilanza (Basilea e stress test EBA), tenderà ad aumentare i colli di bottiglia al ritiro delle banche centrali dal mercato e la partenza di una politica monetaria meno espansiva e poi via via più restrittiva: una normalizzazione delle curve. La Fed ha già iniziato questo percorso che si dimostra comunque all'inizio, ma se per molti il rialzo dei rendimenti obbligazionari sembrerebbe ancora molto lontano, rimane utile consolidare progressivamente i capital gain e mantenere un rischio duration limitato nonostante i bassi ritorni.

14 marzo 2017

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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