Mercato del Debito Pubblico e MMT

Pubblicato il 05.06.2019

Mercato del Debito Pubblico e MMT

Nel mese di maggio si è assistito ad una rapida discesa dei rendimenti dei debiti sovrani di Germania e Usa in relazione a dati macroeconomici e temi geopolitici che man mano presentavano evidenti ostacoli all'evoluzione positiva del ciclo economico globale. In senso opposto si è visto un vistoso calo delle borse azionarie con consistente fuoriuscita di flussi a favore dei Titoli di Stato di alta qualità. Le ragioni più utilizzate a giustificare i movimenti del mercato finanziario sono state l'accentuarsi dell'inversione della curva dei rendimenti statunitensi con scadenza 3mesi – 10 anni (2,3% a tre mesi rispetto al 2,1% del decennale) e, secondo diversi studi, le probabilità per una recessione negli Stati Uniti a 12 mesi ormai vicine al 30% (vedi grafico sotto). La FED statunitense ha quindi voluto dare un segnale al mercato; il governatore della banca centrale Jerome Powell ha parlato di possibile ribasso dei tassi di interesse sui FED Funds, come altri suoi colleghi lo avevano preceduto, offrendo quindi l'idea che rispetto all'attuale programma che prevede un aumento dei tassi di interesse entro fine anno, si riveda la strategia monetaria di breve e medio termine.

Politiche ancora più flessibili

L'intervento possibilista sul taglio dei tassi di Powell, rappresentato come pro-mercato, rimane comunque in contrapposizione alle nuove teorie economiche che vedono sullo sfondo un aumento complessivo della spesa pubblica finanziata in prevalenza dall'indebitamento statale. In particolare i governi europei hanno visto dalla nascita dell'Euro un approccio comunque flessibile dei rispettivi governi rispetto ai parametri del trattato di Maastricht sia sul deficit annuale (con sforamenti del 3%) che rapporti sul debito pubblico (60% del GDP). L'unica forse a farne le spese è stata la Grecia, penalizzata soprattutto per i falsi bilanci pubblici consegnati al vaglio dell'Unione Europea. La spinta a nuove forme di espansione monetaria e fiscale, a beneficio dello sviluppo economico e di una redistribuzione 'sociale' di risorse, è derivante dal contrasto politico in molti paesi e la crescente posizione dei movimenti sovranisti e populisti. Su questo punto si innesta il dibattito sulla MMT, Modern Monetary Theory, che vede la politica monetaria quale strumento di sviluppo e non di indirizzo e regolamentazione di flussi di liquidità monetaria. Alla base della teoria c'è un punto chiave: uno stato sovrano non può fallire!

Principi pro-populisti dell'MMT

La ragione più immediata, e di favore ai cittadini, è la possibilità dello stato di finanziarsi emettendo valuta con la propria banca centrale: avere a disposizione più soldi per i programmi sociali sposa esattamente la priorità della politica populista, soprattutto senza imporre nuove tasse e vincoli di bilancio. MMT offre quindi il quadro teorico per consentire un aumento della spesa pubblica senza dover giustificare come pagarla. L'unico limite è la stabilità dei prezzi. In realtà il ciclo attuale, contrariamente a quanto atteso dagli economisti pro-austerità, non ha visto la crescita dell'inflazione nonostante l'aumento del debito pubblico negli Stati Uniti e in altri grandi paesi a livello globale, e neppure la necessità di un aumento dei tassi di interesse. Se quindi la preoccupazione dell'MMT è l'iperinflazione, oggi sembra uno scenario soddisfacente; infatti la maggior parte delle banche centrali sta cercando di spingere l'inflazione in alto verso i rispettivi target.

Passaggio a ‘più Pubblico' e ‘meno Privato'?

La politica monetaria ha da sempre visto i tassi di interesse quali strumento per un utilizzo efficiente del capitale nell'intento di ottenere nel settore privato una corretta allocazione di risorse finanziarie negli investimenti. Se il nuovo modello di sviluppo economico vedesse le spese governative prevalere su tutto, anche le dinamiche di politica monetaria dovrebbero essere rimesse in discussione; lo dimostrerebbe comunque l'attuale finanziamento di debiti pubblici a tasso negativo in buona parte dell'Europa. In realtà la storia del novecento ci insegna che una pesante esclusione del settore privato, non sarebbe probabilmente la strada a lungo termine per avere una ragionevole produttività delle risorse. La preoccupazione sottostante del sistema monetario è che l'MMT sostituendo formalmente le attuali dinamiche di intervento, sotto la spinta dell'impulso populista, porti nel tempo ad un difficile controllo della spesa pubblica, pesanti deficit di bilancio, e conseguente aumento del debito sovrano, mirati a generare maggiori spese sociali nel breve termine per soddisfare il consenso politico, rimandando il compito di rientro alle generazioni future (tema peraltro ben noto all'Italia prima dell'ingresso nell'Euro).

Dalla reazione delle Banche Centrali, in ragione della loro auspicata autonomia, sembra comunque che la politica populista non possa impossessarsi nell'immediato delle funzioni di politica monetaria in sostituzione di quella fiscale, ma che ci sia una possibile convergenza dei supporti strutturali, senza peraltro perdere il completo controllo dei parametri che oggi regolano i rapporti tra istituzioni politiche, mercati finanziari e autorità monetarie.

5 giugno 2019

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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