Monetizzazione e Recovery Fund

Pubblicato il 21.05.2020

Monetizzazione e Recovery Fund

Il clima di normalizzazione rilevato in Europa, sia nel calo dei contagi da Coronavirus che nella graduale riapertura delle attività economiche, non deve far perdere di vista quanto discusso in questi mesi negli ambienti scientifici e governativi, soprattutto per la prevenzione sanitaria e nel rilancio economico. Nelle prospettive del mercato dei capitali la pandemia ha tracciato un solco tra la indecisione del governo centrale europeo per le gravi perdite di molte vite nella difficoltà economica di famiglie ed imprese, e la reattività d'intervento della Banca Centrale Europea - BCE a bilanciamento della profonda caduta degli indici di fiducia di consumatori, imprenditori ed investitori.

BCE vs Commissione Europea

La Banca Centrale Europea, era già ben attrezzata con gli strumenti di intervento monetario lasciati da Mario Draghi in risposta ad una presunta recessione economica. Con l'arrivo dalla Cina del Covid-19 è stato quindi semplice e veloce ampliare la rete di supporto monetario al mercato dei finanziamenti, impedendo che una mancanza di liquidità - Credit Crunch – arrestasse il sistema del credito a seguito della parziale chiusura di molti settori economici. Al contrario la Commissione Europea ha esitato nel comprendere la gravità dell'infezione da Covid-19 che ha colpito duramente Italia e Spagna, e solo successivamente invaso con forza altri paesi in Europa. Le cifre di intervento indicate dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen sono subìto parse incerte sia per la destinazione, in confusione tra fondi per l'emergenza o/e per la ricostruzione, sia per l'ammontare, uno, due, tre trilioni di Euro!

BEI, SURE e Recovery Fund

Il processo di intervento ha riguardato un pacchetto fino a 540 miliardi di Euro di prestiti alle imprese da parte della BEI – Banca Europea degli Investimenti, e l'introduzione del fondo SURE da 100 miliardi quale strumento a sostegno della Casse Integrazione per la disoccupazione al lavoro dei paesi membri. In concreto si è delegato ai singoli paesi di adoperarsi con strumenti di politica fiscale interna per garantire liquidità a famiglie e piccole imprese. Il tassello mancante del ‘Recovery Fund' sembra però finalmente prendere forma con l'intesa tra Macron e Merkel (Francia e Germania) e l'avvio delle trattative sulla nascita del ‘fondo per la ricostruzione'. Ci sono due elementi chiave per l'importanza di questo fondo, ovvero il primo è la definizione dell'ammontare, si prospetterebbe di 500 mld Euro finanziati da emissioni di Eurobond, usiamo il condizionale, e il secondo elemento, erogati a fondo perduto agli stati più colpiti dalla pandemia; ne scopriremo comunque i dettagli dopo la relazione della Presidente Von der Leyen. Ovviamente al dibattito ci si attende la replica negativa di Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e altri stati minoritari, mentre la proposta effettiva passerà solo dopo il voto maggioritario del Parlamento Europeo.

Mutualizzazione del debito

Il Recovery Fund aprirebbe quindi la strada per la mutualizzazione del debito europeo in una situazione altrettanto confermata dalla monetizzazione del debito tramite gli acquisti di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea - BCE. Le recenti analisi sulle decisioni monetarie suggeriscono che la BCE stia approcciando il mercato obbligazionario con un ‘target di rendimento' simile alla Banca del Giappone. L'introduzione di acquisti senza limitazione di importo da parte delle banche centrali nazionali, coinvolte nel APP - Asset Purchase Programme - programma di acquisto titoli del Quantitative Easing, vede nella strategia della BCE non solo la capacità di assorbire i deflussi di mercato, ma anche di definirne uno "Spread" pari ad un pratico ‘Risk Premium', lasciando il rischio/beneficio in carico alle Banche Centrali Nazionali stesse. Infatti nel programma di acquisto sia per PSPP (Public Sector Purchase Programme di 20 mld mese + 120 mld Euro nel 2020) che per PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme di 750 mld Euro) il 90% delle obbligazioni sovrane acquistate è detenuto a proprio rischio dalle rispettive banche centrali nazionali.

Monetizzazione del debito

L'eliminazione dei vincoli di acquisto voluta per il PEPP, con la deroga ai limiti di ripartizione tra i 19 paesi dell'Area Euro sulla base della cosiddetta Capital Key, mette in condizione la Banca d'Italia di aumentare notevolmente la quota di detenzione di Titoli di Stato italiani.  Questo intervento monetario è alla base della monetizzazione del debito che passa in mano alla banca centrale sottraendolo alle ‘condizioni volubili' dei sottoscrittori stranieri e aumentando l'autonomia del paese emittente. L'esempio di successo in questi giorni per la sottoscrizione dei privati di 13 mld Euro del BTP Italia scadenza 2025 dimostra ancora una volta quanto l'Italia sia uno tra i paesi con maggior capacità di risparmio al mondo. Dobbiamo anche sottolineare che la Corte Costituzione tedesca ha recentemente fatto richiesta di chiarimenti sul mancato rispetto della clausola Capital Key. La rinazionalizzazione delle obbligazioni sovrane vede quindi una strategia con una sua chiara razionalità, già attuata dal Giappone, vede negli Stati Uniti la FED la medesima politica già in atto a fronte del rischio che detentori importanti come la Cina possano utilizzare la detenzione dei Treasury quale strumento finanziario destabilizzante a livello geopolitico. La progressiva de-globalizzazione promossa da Trump dalla sua elezione in Usa a fine 2016, sembra ancora più accelerata dal contagio da Coronavirus e dalle criticità imposte dalla crisi sanitaria globale.

21 maggio 2020

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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