Non è la Crisi Asiatica Stile 1997-98
Pubblicato il 14.10.2015
Dopo aver indicato proprio l'Asia come epicentro della scossa estiva dei mercati finanziari, gli analisti si sono preoccupati di analizzare in dettaglio i parametri fondamentali che potrebbero indicare una similitudine con le precedenti crisi. Dobbiamo anche sottolineare che la volatilità accentuata nel mese di agosto ha trovato ragione in alcuni fattori che da tempo erano comunque nei pensieri degli operatori e che si sono rivelati, come spesso accade, una vera e propria preoccupazione in una visione prospettica di marcata incertezza. In primo luogo quindi c'è stato l'evidenza di un indebolimento dei principali indicatori di espansione globale in raffronto alle precedenti stime, come per altro segnalato dal Fondo Monetario Internazionale. E' stato comunque il leggero indebolimento dello yuan cinese a far riflettere sulle difficoltà dell'area asiatica dopo un prolungato periodo di calo della domanda da parte delle economie sviluppate, misurata dalla flessione delle esportazioni.
Il Confronto con la Crisi del ‘97–98
Tra le vicissitudini recessive che in vario modo hanno colpito le economie globali, non si è potuto che ritornare alla crisi dei paesi asiatici del 1997-98 per poter verificare se le condizioni odierne fossero le medesime di allora e quali ancora i punti deboli. Dai recenti dati in realtà la situazione è molto diversa e sicuramente migliore dopo quasi vent'anni. In primo luogo i dati dei bilanci pubblici, come il problematico Current Account Balance, sono nettamente migliorati. Anche su altri punti storicamente deboli la preoccupazioni sono limitate: seppure la spinta dello sviluppo economico degli ultimi anni abbia visto un aumento dell'indebitamento sia privato che pubblico, quest'ultimo ha trovato modo di utilizzare la valuta locale e seguire un processo più sostenibile nel medio termine. In tutti i principali paesi dell'area il debito verso l'estero si è quindi ridotto, con un forte calo per Tailandia e Taiwan che erano rimaste a suo tempo i due paesi più coinvolti dalla crisi. Questo ha permesso alle banche centrali locali svalutazioni competitive della propria valuta con una limitata preoccupazione per i minori debiti contratti in valuta forte.
Maggiore sostegno dalle politiche economiche
Tutti i paesi emergenti hanno iniziato da tempo un cambio strutturale delle fonti di sviluppo. Ridimensionato il contributo esterno delle esportazioni verso i paesi sviluppati, la politica economica ha scelto la via degli investimenti interni: infrastrutture, politiche dei servizi, offerta di prodotti per i consumi domestici e una maggiore efficienza delle risorse: per alcuni paesi è stato fondamentale il crollo dei costi energetici. Guardando in prospettiva gli analisti sottolineano che un altro fattore positivo, a differenza di tempo, è quello delle riserve in valuta. Tutti i paesi dell'area hanno avuto modo di sfruttare a pieno la forte domanda estera dei primi anni duemila che ha portato un accumulo sostenuto delle riserve: paesi quali Cina, Taiwan e Filippine hanno dimostrato una forte attenzione alla loro gestione e detengono importanti stock a sostegno della politica fiscale e monetaria dopo la fase di crisi finanziaria del mondo sviluppato.
Le prospettive per gli investitori
Con l'aumento della volatilità molti gestori di portafoglio hanno preferito rifugiarsi in attività meno rischiose, in attesa di una maggiore visibilità. Gli investitori hanno per anni visto nell'Asia un porto sicuro, in quanto unica area capace di mantenere un alto passo di espansione approfittando del forte calo dei tassi di interesse e della liquidità derivante dalle operazioni di Quantitative Easing delle maggiori banche centrali. Lo scenario ha avuto un cambiamento dopo le indicazioni di ‘tapering' del Quantitative Easing statunitense e dalle attese di rialzo dei tassi della FED; in questa nuova logica gli investitori internazionali hanno preferito iniziare un processo di presa di beneficio atto a riportare l'attenzione verso i mercati sviluppati, innescando processi di deflusso che hanno contagiato tutte le aree emergenti. Risulta evidente che solo la prospettiva di una più solida crescita delle economie asiatiche possa proiettare un nuovo riequilibrio sia di flussi che di valutazione degli asset. In questa logica gli analisti rimangono ancora prudenti nonostante le valutazioni, dopo i ridimensionamenti, risultino interessanti.
14 ottobre 2015
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA
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