Presidenziali Usa: la sfida delle Convention
Pubblicato il 16.05.2016
Trump ha il timore di un ostacolo interno
I pronostici della vigilia sui nomi che si presenteranno alla convention repubblicana, si sono sgretolati con il passar del tempo e ora si attende nel mese di luglio la decisione dei delegati per eleggere formalmente il candidato del partito alla Presidenza degli Stati Uniti a novembre. Donald Trump ha visto gli avversari lasciare la corsa uno a uno a suon di attacchi personali e vittorie nei singoli stati. Ora ci si chiede che cosa potrebbe succedere se la dirigenza ‘storica' del ‘Grand Old Party' dovesse ridiscutere la sua candidatura assistendo alla cosiddetta "Brokered Convention". Alcuni strategist repubblicani che puntavano su Ted Cruz, unico capace di ostacolare il predominio di Trump, si sono dovuti ricredere davanti al suo ritiro lasciando come unico spazio la ‘brokered convention' per bloccare l'avanzata del milionario newyorkese alla nomination repubblicana. La ragione di una tale decisone sarebbe legata ai sondaggi che vedrebbero oggi Trump sconfitto dal candidato democratico (Hillary Clinton risulta in vantaggio nei confronti di Bernie Sanders).
Le due Convention a Luglio
Intanto i rappresentanti al vertice degli scontri locali, Hillary Clinton per i democratici e Donald Trump per i repubblicani, scaldano i motori per le Convention del 18-21 luglio di repubblicani e 25-28 luglio dei democratici, per la candidatura ufficiale a 45° Presidente inquilino della Casa Bianca. I giochi restano aperti anche se le anime dei due avversari mettono in luce modi diversi e per molti versi opposti a cui gli analisti finanziari hanno iniziato a raffrontarsi. Si deve sottolineare che quanto emerso fino ad ora si è dimostrato figlio di una prima schermaglia riservata all'interno dello stesso partito e che solo dopo l'investitura formale avremo modo di saggiare le due posizioni sui tanti temi strategici.
Gli Indici di Borsa plaudono ai democratici
Per quanto riguarda l'analisi storica al susseguirsi delle posizioni politiche, le analisi finanziarie più dirette riguardano le performance dei listini nell'alternanza dei periodi di amministrazione. Le elezioni avvengono ogni quattro anni, questo rende semplice lo studio quadriennale dei dati del mercato azionario. Le statistiche di lungo periodo suggeriscono che i mercati non amano l'incertezza: l'indice S&P500 si è comportato meglio negli anni centrali del mandato e meno nell'anno della corsa elettorale con + 7% contro la media del 7,5%. Secondo uno studio analitico riguardo l'incidenza dei partiti, l'indice DJIA, Dow Jones Industrials Average, ha generato un rendimento medio del 83% nel corso delle amministrazioni democratiche rispetto al 45% per i repubblicani.
Politiche economiche ancora non delineate
Anche se diventa impensabile proiettare oggi un andamento borsistico rispetto a chi riuscirà a vincere le elezioni, saranno determinanti le diverse strategie economiche di partiti e candidati. Hillary Clinton, che ha dovuto spostare più a sinistra le sue intenzioni per corteggiare i sostenitori del suo diretto avversario Bernie Sanders ha già dichiarato guerra alle case farmaceutiche sui prezzi mentre cerca il contenimento delle spese sulla difesa; Donald Trump parla di un rilancio economico orientato al protezionismo con una forte avversione ad accordi di libero scambio. Le vere strategie in dettaglio saranno però oggetto di presentazione solo nella parte avanzata della campagna elettorale e sicuramente dopo le convention.
Gli Stati Uniti guidano il ciclo globale
Ad essere determinante nella sfida sarà comunque il tema della spesa pubblica, il deficit di bilancio e la preoccupazione di una parte dell'elettorato colpito dalla disuguaglianza crescente e dello spostamento di potere dal lavoro al capitale. L'economia statunitense ha dimostrato di uscire dalla crisi finanziaria del 2008 con determinazione, dimezzando in cinque anni il tasso di disoccupazione, oggi al 5% e una prima ripresa dei salari. Pur rimanendo ancora sotto il trend di crescita storico, gli indicatori di fiducia stanno reagendo positivamente ad un primo rialzo dei tassi di interesse del dicembre scorso, praticato della banca centrale FED in una logica di normalizzazione dei rendimenti a medio termine. In questi ultimi mesi si è comunque potuto notare un atteggiamento monetario meno restrittivo che ha portato acqua ai temi di sviluppo dei candidati: nei prossimi mesi sono attese la loro visioni strategiche di politica fiscale.
16 maggio 2016
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA
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