Prova di ‘debolezza' tra Euro e Dollaro
Pubblicato il 22.03.2016
Nelle analisi degli Strategist poco di più di un anno fa si discuteva del corretto posizionamento del tasso di cambio tra euro e dollaro alla luce di scenari molto diversi tra le due aree sviluppate. Il punto di equilibrio EUR/USD era in quel momento sul livello di 1,12 mentre le ragioni erano il risultato di un punto mediano tra le attese di raggiungimento della parità a fine 2015, dovuta ad una accelerazione della politica di restringimento della banca centrale FED, o al contrario in una convergenza delle crescite economiche e una ‘attesa paziente' della politica monetaria che avrebbe riportato il tassi di cambio verso il livello di 1,25.
Politiche monetarie divergenti
La divergenza monetaria non è stata però sufficiente; a distanza di un anno la situazione ha visto un'accelerazione espansiva della Banca Centrale Europea, che ha introdotto un enorme pacchetto non convenzionale, mentre la Federal Reserve statunitense ha iniziato il percorso di aumento dei tassi dei Fed Funds (+0,25% a dicembre). In effetti il range di oscillazione tra Euro e Dollaro Usa in questi dodici mesi si è manifestato all'interno di un corridoio che ha mostrato un punto di minimo del dollaro ad un cambio di 1,1714, il 24 agosto scorso in piena crisi dei mercati per la svalutazione dello Yuan cinese, e un massimo apprezzamento del biglietto verde al 30 novembre scorso fino a 1,0521, pochi giorni prima l'aumento dei Fed Funds.
Monete chiuse in trincea
Il ritorno al punto medio odierno ovvero di 1,12 sembra dimostrare quanto sia difficile fare pressione sui cambi da parte delle banche centrali in una situazione di incertezza globale. Uno dei punti chiave negli ultimi dodici mesi è stato proprio lo sganciamento dello Yuan cinese dal dollaro Usa, dopo la perdita di competitività delle esportazioni e una prospettiva di minore crescita economica nella prima economia asiatica. In una situazione di incertezza deflazionistica, a tutte le regioni farebbe comodo poter svalutare la propria valuta per meglio posizionarsi sulle esportazioni e proteggere l'economia interna; ma per fare questo serve anche che le altre valute accettino una rivalutazione … in realtà l'arma della svalutazione sembra essere momentaneamente sospesa, mentre si cerca di scavare le trincee per segnare i risultati raggiunti.
Vince il più debole?
Sulle prospettive, ogni ulteriore forte apprezzamento del dollaro derivante da una vigorosa crescita Usa metterebbe pressione comunque al sistema globale. D'altra parte gli analisti vedono una capacità limitata per il dollaro di indebolirsi contro le principali valute, data la mancanza di volontà di queste economie di accettare cambi più forti. Il tutto potrebbe nuovamente tradursi nel rimanere all'interno di una banda finché non ci sarà la prova che le rispettive economie, nel nostro caso Usa e zona Euro, siano in grado di regolare e resistere alle pressioni di un rafforzamento di un delle due monete. Nel caso invece in cui l'economia americana dovesse rallentare e la Fed sia costretta ad abbandonare la sua politica restrittiva per una più accomodante, aprendo l'ipotesi di uno scenario recessivo, questo favorirebbe ancora attività come i metalli preziosi e l'oro, vista la difficoltà di un apprezzamento delle principali valute contro il biglietto verde.
22 marzo 2016
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.