Quale futuro finanziario per il Settore Energetico

Pubblicato il 11.10.2019

Quale futuro finanziario per il Settore Energetico

Il settore azionario dell'Energia ha perso molti dei suoi aspetti attrattivi, tanto che i principali responsabili dei portafogli finanziari raramente ne fanno menzione nelle loro analisi; la rivoluzione affidata al subsettore della ‘New Energy' è durata poco più di qualche stagione, ricavi e profitti hanno fatto fatica ad avanzare, mentre le prospettive mirabolanti di sviluppo innovativo sono scivolate nell'incertezza. La domanda che ci si pone oggi è quanto i sintomi di un disimpegno così accelerato sul settore possano influire sulle performance di portafoglio e soprattutto sulla gestione del rischio.

Classifica per capitalizzazione

Sebbene il tema dell'Energia torni ad essere oggetto di attenzione giornalistica durante le crisi geopolitiche, le aziende ad esso collegate sono state sempre meno oggetto di visibilità, anche sul fronte dei flussi di investimento. Uno tra i segnali più evidenti è l'uscita di tutte le aziende OIL&GAS dalla classifica delle primi dieci società quotate al mondo per capitalizzazione: per trovarne le prime dobbiamo scendere al 12° posto (ExxonMobil) e al 17° (Royal Dutch Shell), mentre ai primi dieci posti sono balzate: Apple, Google-Alphabet, Microsoft, Amazon, Tencent Holdings, Berkshire Hathaway, Facebook, Alibaba, Johnson & Johnson e JPMorgan Chase (classifica stilata nel 2018).

Eccessi di produzione e offerta

Un secondo tema potrebbe riguardare le vicende relative all'offerta di petrolio dopo che gli Stati Uniti sono diventati esportatori netti e l'accelerazione delle attività di estrazione legate allo Shale Oil&Gas. Proprio su questo si è persa la necessità di aumentare le posizioni sul settore. L'offerta pubblica di vendita (IPO) della più grande società petrolifera al mondo Aramco è stata continuamente rimandata nonostante si tratti dall'operatore che consegni gli utili più consistenti del settore. Da tempo, e forse a novembre si dovrebbe procedere, l'Arabia Saudita è pronta alla mastodontica IPO (offerta pubblica iniziale) capace di ridare una visione nuova all'economia dell'Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman. Dalle prime valutazioni di 2.000 mld $ del 2016, la società sembra scesa oggi poco più di 1.100 mld$, secondo Bloomberg Intelligence; un taglio importante alle previsioni di incasso di questo collocamento.

Valutazioni del settore

Dopo un lunghissimo periodo di stretta correlazione tra le valutazioni delle società quotate e il prezzo del petrolio, nel 2016 si è assistito ad una ‘rottura', con la discesa delle quotazioni societarie a fronte di una risalita del greggio. Anche nei più recenti avvenimenti la ‘put' del petrolio per le caratteristiche difensive del settore energetico sembrano venute meno. Il riferimento è per gli attacchi alle petroliere nel Golfo Persico e al più grande impianto in Arabia Saudita, che hanno fornito un picco isolato delle quotazioni del greggio seguito da un rapido rientro, mentre le valutazioni delle società petrolifere non si sono quasi mosse. Se quindi in pochi anni il peso del settore Energy nell'indice S&P500 è sceso dal 10% all'attuale 4,5%, la perdita di redditività dimostra valutazioni non lontane dalla sua media con un rapporto prezzo/utili - P/E fwd12m a 16,1x (17,1x media a 20 anni), rispetto a 16,8x dell'intero S&P500. Ad essere ben sopra la media ventennale risulta invece il rendimento da dividendi (Dividend Yield) pari a 4,2% rispetto a 2,4%.    

Il tema ‘Ambientale'

Un'ulteriore ragione del disimpegno può essere riferita alla maggiore presenza nella selezione delle accezioni SRI ovvero degli investimenti responsabili.  L'introduzione di vincoli di selezione delle società di tipo ambientale, sociale e di governance (ESG), vedono nella versione semplificata l'esclusione di interi settori ritenuti incompatibili, come quello energetico a causa della sua esposizione ai combustibili fossili o quello del tabacco comunemente omesso per il suo impatto sulla salute. L'esclusione di questi settori, anche se ritenuta ormai popolare, aggiunge alcune limitazioni sulla qualità e di gestione del rischio nel portafoglio finanziario. Il settore energetico è stato un diversificatore costante nel primo decennio del 2000, diventato pressoché neutro dopo la crisi finanziaria, per poi registrare un'impennata e un successivo calo della sua correlazione rispettivamente al movimento di prezzo del petrolio. Una sottostima del potenziale di diversificazione del settore energia, in una strategia di investimento, potrebbe gravare sulla volatilità e il ritorno atteso del portafoglio.

11 ottobre 2019

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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