Quale Trend attende il settore delle Materie Prime
Pubblicato il 04.10.2018
Ci sono due aspetti interessanti che intrecciandosi lasciano in un'area alquanto incerta l'andamento dei prezzi delle materie prime e l'indicazione di inserimento nell' asset allocation: la prima riguarda il ‘mobbing' sui paesi emergenti ed in particolare la Cina, e il secondo, l'evoluzione di un modello economico globale sempre più impattato dalle tecnologie e dalla relativa influenza su investimenti e consumi. Secondo gli esperti di portafoglio finanziario, in una fase di buona crescita economica globale e di ripresa della domanda rimangono inaspettatamente aperti i dubbi sull'efficacia di detenere nel portafoglio mobiliare strumenti indicizzati alle materie prime, statisticamente previsti come opportunità di ritorno in una fase avanzata del ciclo economico. La valenza dimostrata storicamente riguarda infatti la crescita dei prezzi sia al consumo che alla produzione a fronte di progressivi aumenti occupazionali, accelerazione degli investimenti e maggiore disponibilità di credito in uno scenario economico espansivo.
Prezzi invece sotto pressione
Risulta utile riepilogare l'andamento dell'indice dei metalli LME index in questo ultimo ciclo economico quale indicatore dell'andamento dei prezzi dei metalli industriali rilevato sul mercato londinese, il London Metal Exchange. Il minimo di ciclo risale a gennaio 2009 con l'indice a 1666,3 punti; da lì una risalita fino a 4432,6 a febbraio 2011. Un secondo minimo è tornato a novembre 2015 a 2145,10 punti per poi toccare l'ultimo massimo di periodo a inizio 2018 a 3432,50. L'attuale situazione vede l'indice a 2994,80 dopo un periodo estivo alquanto asfittico con l'indice posizionato sotto i 2900 punti. Secondo gli analisti a mettere pressione al mercato dei metalli industriali sono state in primo luogo le tariffe doganali che gli Stati Uniti hanno prima intimato e poi imposto alla Cina, una politica monetaria restrittiva portata avanti dalla FED statunitense e la crescita del dollaro: i mercati emergenti, maggiori esportatori di materie prime e soggetti alla forza del dollaro, quest'anno hanno mostrato una battuta d'arresto.
Asia punto di riferimento
Si deve aggiungere che gli analisti da tempo stanno ritenendo l'andamento dell'economia cinese responsabile del movimento dei prezzi delle materie prime, vista la potenziale domanda proveniente dal paese e la velocità di sviluppo manifestata negli ultimi vent'anni. In verità la guerra commerciale portata avanti da Trump verso la Cina ha spiazzato gli operatori che fino a qualche mese fa ritenevano possibile una rapida e preventiva soluzione all'applicazione dei dazi doganali, cosa che invece non è avvenuta. Secondo gli economisti proprio il prolungarsi dello scontro politico commerciale potrebbe pesare in termini reali sulla crescita economica globale, oltre che colpirne al sentiment positivo. Il rallentamento della locomotiva cinese, con un contagio sulle economie asiatiche, sarebbe un chiaro motivo di perdita di fiducia e del declino della domanda di materie prime.
Prospettive sul mercato
Ancora una volta gli operatori del settore sono invece convinti che a medio termine i prezzi delle materie prime saranno più alti degli attuali. Le ragioni principali risiedono nei fondamentali macroeconomici che vedono una domanda crescente a fronte di una offerta stabilizzata nel tempo. Le scorte presso i mercati di approvvigionamento potrebbero vedere un graduale declino, mentre sono in atto importanti revisioni non solo nello sviluppo infrastrutturale, ma anche nelle scelte più innovative nei consumi come ad esempio quello delle auto elettriche. Anche sulla possibile diminuzione del ruolo della Cina, al momento arginata dalla politica commerciale degli Stati Uniti, gli operatori rimangono alquanto scettici: l'Asia si sta ancora una volta dimostrando una regione di solido sviluppo con accordi commerciali e finanziari locali in via di definizione come la piattaforma RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) tra i dieci paesi dell'ASEAN e le maggiori economie asiatiche Australia, India, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e Cina, una partnership che rappresenterebbe 3,4 miliardi di persone, pari al 45% della popolazione mondiale, e un GDP di 49.500 mld $ ovvero il 39% del GDP Globale.
4 ottobre 2018
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.