Quando le Banche Centrali alzeranno i tassi?

Pubblicato il 25.06.2021

Quando le Banche Centrali alzeranno i tassi?

La domanda non ha ancora trovato una risposta in termini di data, ma gli investitori si sono ormai accorti che lo scenario di ripresa economica porterà a sostanziali cambiamenti nella politica monetaria delle banche centrali. In primo luogo dobbiamo sottolineare che le variabili macro in gioco sono numerose a livello globale, sebbene le autorità monetarie risultino più sensibili ad un numero limitato; inflazione, occupazione, liquidità di sistema, catena di trasmissione del credito e valutazioni degli asset finanziari. La vigilanza del sistema bancario risulta ad oggi uno dei compiti più importanti, dopo la grave crisi finanziaria del 2008 segnata dal fallimento di Lehman Brothers. Il 24 giugno scorso, la Federal Reserve (FED) statunitense ha annunciato i risultati del suo monitoraggio annuale Dodd-Frank Act Stress Test (DFAST), in grado di valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche Usa in scenari di condizioni avverse e gravemente avverse. Come ampiamente previsto, tutte le 23 banche sottoposte alla prova hanno superato il test dimostrando che il loro capitale, anche in contesti di alto stress, sostengono livelli ben al di sopra del minimo richiesto.

Inflazione

Negli Stati Uniti la banca centrale FED rimane sensibile all'indice dei prezzi della spesa per consumi personali PCE, tema che insieme a ‘Reddito e Spesa Personale' rimangono punti di riferimento della politica monetaria. In attesa dei dati ufficiali, le previsioni dell'indice dei prezzi PCE di maggio indicano un aumento elevato a + 4,2% su base annua, dal precedente di +3,6% ad aprile. In realtà il mercato obbligazionario americano non è sembrato particolarmente allarmato per lo scatto al 5% dell'inflazione CPI a maggio, anche perché il governativo Usa Treasury decennale ha maturato un importante rialzo del rendimento da 0,92% di fine 2020 agli attuali 1,50%. Un'inflazione ‘temporanea' significherebbe una limitata pressione all'espansione monetaria in corso, sia per la riduzione degli acquisti di attivi che per un progressivo aumento dei FED Funds. Nell'ultimo incontro del FOMC, organo esecutivo della Federal Reserve, le proiezioni sui tassi di interesse, rappresentate nel cosiddetto ‘dot plot', implicano tassi in aumento dal 2023, con i mercati che scontano un primo aumento già nel primo trimestre 2023. Il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che un programma di riduzione degli acquisti di attivi potrebbe essere annunciato nel prossimo incontro di fine luglio. La situazione in Europa sembra essere invece ancora lontana dal definire un aumento dei tassi; la discussione, così come negli Stati Uniti sembra focalizzarsi al momento sull'acquisto di attività finanziarie, in particolare nell'area Euro sul PEPP, il fondo di emergenza per la pandemia, che potrebbe vedere una riduzione graduale della sua portata mensile.

Rischio surriscaldamento Usa

Gli analisti in effetti si aspettano che la FED annunci un piano di riduzione entro fine anno solo se i dati sull'occupazione e la crescita economica fossero coerenti con la definizione della Fed di ‘progresso sostanziale' supportato da una stringa di mesi positivi orientati agli obiettivi dell'autorità monetaria. Non vengono d'altra parte sottovalutati i rischi per una visione dell'inflazione più persistente. L'inflazione si è concentrata recentemente nei prezzi dei beni di consumo, ma potrebbe trasmettersi nei servizi, in particolare al persistere dei problemi di approvvigionamento. In una rappresentazione di lungo termine, rimane anche il rischio che, decisioni ultraespansive monetarie prolungate cumulate agli stimoli fiscali possano invertire le attuali aspettative di inflazione ancorate al ribasso. Il rischio finanziario si tradurrebbe in un ulteriore rialzo dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, cancellando la visione attuale di inflazione contenuta e temporanea verificata nel consensus attuale. Dal momento che un margine di cautela su quanto l'inflazione sarà contenuta e fino a quando potrà perdurare, il tema rimane un elemento macro da monitorare per il resto dell'anno. Riguardo ai portafogli di investimento, gli analisti precisano che le attuali indicazioni ancora favorevoli all'azionario si riferiscono a dati di statistica nei quali storicamente una politica più restrittiva non ha avuto effetti negativi per le azioni purché accompagnata da una crescita economica sostenuta.

25 giugno 2021

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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