Quanto le obbligazioni possono resistere al rialzo della FED?

Pubblicato il 26.05.2017

Quanto le obbligazioni possono resistere al rialzo della FED?

Da tempo gli strategist di portafoglio sono convinti che il rialzo dei rendimenti sia ormai vicino e da altrettanto tempo ci si è accorti che così non lo è stato. Il mercato finanziario è ancora invaso dalla liquidità, soprattutto per gli interventi non convenzionali della Banca Centrale Europea BCE e della Banca del Giappone BoJ, e i tempi di un vero restringimento sembrano lontani. Il nodo per una ‘sbandata' del mercato obbligazionario potrebbe essere la continuazione del processo di rialzo da parte della Federal Reserve statunitense che secondo le indicazioni del suo comitato esecutivo FOMC dovrebbe riportare i Fed Funds alla fine di questo ciclo restrittivo al 3%, mentre ora il titolo sovrano US Treasury a dieci anni ha un rendimento del 2,3%. La crescita globale, vista dagli economisti, ha spazi di recupero ulteriore tanto che le proiezioni di consensus vedono un Real GDP World in salita a + 2,9% rispetto al +2,6% del 2016. Inoltre riguardo all'area Euro, sembra che Mario Draghi, presidente della BCE, nei prossimi mesi possa fare accenni mirati alla chiusura dei programmi di acquisto di titoli da parte della banca centrale.

Rendimenti "new normal"

Il rendimento basso delle obbligazioni è assimilato al concetto generale di "new normal" ovvero di tassi di sviluppo lontani dai periodi precedenti la crisi finanziaria del 2007/08 e che hanno avuto a che fare con la più recente Great Recession: tassi reali di crescita economica che devono fare i conti sia dal lato di un'offerta che sta sperimentando la forte avanzata tecnologica di Disrupters, Riciclo ed Efficientamento, e dal lato della domanda dal processo di Deleveraging, Delocalizzazione e Invecchiamento della popolazione. Anche la corsa dei paesi emergenti sembra meno veloce tanto che proprio al vertice, Cina e gli altri importanti paesi come Brasile e Russia sembrano a vario titolo coinvolti da un ridimensionamento. Il mondo politico in generale ha sostenuto un aumento del debito sovrano in concomitanza ai programmi di politica espansiva ‘non convenzionale' delle banche centrali; il taglio del rating di credito da Aa3 a A1 di Moody's sul debito cinese, per la prima volta dal 1989, apre una serie di riflessioni sul tassi di sviluppo in Cina e della sostenibilità del suo indebitamento.

Quanto durerà ancora la fase di Repressione Finanziaria

Un altro punto di riflessione riguarda la correlazione tra i prezzi al consumo e i rendimenti dei depositi. La politica espansiva monetaria dell'autorità centrale ha storicamente giocato sulla possibilità che in alcuni brevi periodi, e per necessità di spinta alla crescita economica in fasi recessive, si adottassero tassi reali negativi ovvero sotto il tasso di inflazione. La ciclicità finanziaria rispondeva in questi momenti prendendo profitto dei capital gain accumulati sul tasso fisso di lungo termine in attesa del rialzo dei tassi e di una nuova fase restrittiva. Ma ci sono state diverse situazioni "innovative" che hanno caratterizzato questo ciclo monetario ed in particolare i programmi di Quantitative Easing adottati da tutte le principali banche centrali e l'introduzione dei tassi di deposito negativi per BCE e BoJ. La strategia monetaria si è tramutata in una strategia fiscale con la quale gli Stati vengono finanziati senza costi dai risparmiatori che a loro volta subiscono una perdita di valore d'acquisto nel caso di una inflazione crescente: Repressione Finanziaria. Gli analisti sostengono comunque che le nuove dinamiche dei prezzi derivanti da domanda e offerta debbano essere ritenute più coerenti se ‘pulite' dalle variazioni di alimentari ed energia tenendo conto solo della cosiddetta ‘Inflazione Core' meno volatile e limitata rispetto ai tassi di inflazione/deflazione rilevati in questi ultimi anni.

Preferenza di Portafogli Bilanciati

Anche da queste riflessioni emerge che le giustificazioni sulla possibilità che il rialzo dei rendimenti risulti meno eclatante, nonostante l'orientamento verso una politica monetaria più restrittiva, possa pesare in negativo sulle performance dei portafogli sembra mediato da almeno tre elementi: a) diversificazione e bilanciamento dei portafogli azionari non può precludere una necessaria posizione obbligazionaria meno volatile e anche di protezione; b) anche se la relazione tra Dividend Yield (rendimento da dividendi azionari) e Real Fixed Income Yield (rendimento da obbligazioni) in questa fase mostra una storica anomalia, i modelli di gestione potrebbero tornare a fare i conti con politiche meno espansive nel rispetto di valutazioni azionarie crescenti e più volatili; e c) nonostante ci si aspetti una ritrovata fase di espansione fiscale globale guidata dal presidente Trump negli Stati Uniti, i tempi di risposta sull'economia reale potrebbero essere non di brevissimo tempo. Rimane chiaro comunque che la gestione del rischio di Duration e Rating non vada comunque sottovalutata perché la performance azionaria potrebbe non essere sufficiente a coprire la discesa di quella obbligazionaria o viceversa.

26 maggio 2017

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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