Siamo pronti ad un futuro con meno liquidità?

Pubblicato il 10.10.2017

Siamo pronti ad un futuro con meno liquidità?

Ci sono molti temi in discussione in questa ultima parte dell'anno con l'intento di consegnare nelle prossime settimane i primi outlook 2018, il più possibile coerenti con le stime sia degli economisti che degli strategist di portafoglio. Se dal punto di vista economico le linee guida in discussione riguardano sostanzialmente i decimi di punto di variazione del GDP globale (in più o in meno) rispetto ad un trend comunque che ha sorpreso positivamente, le cose non sembrano così facili sulle stime dei ritorni attesi delle varie classi di attivo; sono in molti a ritenere possibile che il rally di questi ultimi mesi incorpori una buona parte dei risultati destinati al prossimo futuro.

La Federal Reserve riduce il suo portafoglio

Uno dei temi più discussi riguarda la liquidità. E' noto a tutti che negli Stati Uniti, a partire da ottobre, la Federale Riserve inizierà la riduzione dei 4500 miliardi di dollari di obbligazioni in bilancio. Il programma prevede un calo del valore iniziale di 10 miliardi di dollari al mese tra titoli sovrani e titoli garantiti da mutui (MBS), con un aumento di ulteriori $10 miliardi ogni tre mesi fino a raggiungere un ammontare di $50 miliardi. Con l'intervento di QE (quantitative easing) le banche centrali hanno ridotto fortemente i rendimenti obbligazionari e spinto gli investitori a comprare asset lungo tutta la curva del rischio: credito a spread, equity, fondi immobiliare e asset più esotici, aumentandone complessivamente le relative valutazioni. Ora, il ritiro della liquidità riporterà indietro i prezzi delle attività finanziarie?

Effetto sul mercato finanziario

Secondo gli analisti il mercato finanziario statunitense non teme la diminuzione degli stimoli monetari che sarà compensata da una buona tenuta dell'economia e dalla promessa di una strategia fiscale che l'amministrazione di Trump ha nei suoi programmi e che proprio nei prossimi semestri dovrebbe trovare la sua applicazione. Gli effetti prodotti dalla politica espansiva hanno permesso all'industria di rafforzare i propri bilanci e al sistema paese di ridurre in modo significativo la disoccupazione. Inoltre le stime dei gestori di portafoglio indicano che le previsioni di rialzo sui rendimenti dei Treasury decennali è stato notevolmente ridotto negli ultimi anni arrivando all'intorno del 3% in una fase più matura del ciclo economico. A questo tema vanno inoltre aggiunte le nuove proiezioni di crescita degli utili in vista del possibile taglio delle imposte.  

Anche la Banca Centrale Europea dovrà decidere

Sul lato europeo sono invece attese le decisioni della BCE promesse da Mario Draghi entro la fine di ottobre. Secondo gli analisti le nuove disposizioni vedrebbero un'ulteriore diminuzione di 20 mld Euro di acquisti del QE a partire dal nuovo anno (da 60 mld Euro a 40 mld al mese) ma comunque in accumulo nel portafoglio della banca centrale, evidentemente in ritardo rispetto alle decisioni di normalizzazione della FED; solo durante il 2018 ci si aspetta un nuovo taglio di acquisti in forza di una crescita economica in rafforzamento in tutta l'Eurozona. La reazione dei mercati finanziari europei sarà molto variegata per effetto della permanenza di forti differenze tra paesi core e periferici sia sul lato economico che finanziario (es. debito pubblico). La richiesta della BCE di nuovi stress test al sistema bancario delegata all'EBA sembra dettata dal cambiamento di scenario sui rendimenti obbligazionari.

10 ottobre 2017

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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