Una politica confusionaria della FED può destabilizzare i mercati

Pubblicato il 18.09.2015

Una politica confusionaria della FED può destabilizzare i mercati

Va molto di moda dire che si sta ‘comprando tempo'; l'avevamo sentito dire con la situazione della Banca Centrale Europea quando stava spingendo i governi ad affidare ad una struttura centrale il controllo del sistema bancario europeo, poi con l'istituzione di fondi ‘salva stato' nella crisi dei paesi periferici ed infine nella recente estate con la Cina nel centellinare gli interventi quando erano attese decisioni politiche più incisive non solo monetarie.

Fed sotto Pressione

Il caso della Federal Reserve statunitense (FED) in realtà sembra molto diverso, innanzitutto non sussiste nessuna crisi in Usa, anzi sembra si sia raggiunto un equilibrio perfetto: crescita economica moderata senza inflazione, mercato del lavoro capace di creare ogni mese nuovi occupati, aziende che consegnano ogni trimestre ottimi utili e un dollaro che rivalutandosi ha messo in equilibrio una politica monetaria che da sette anni si mantiene ultra-espansiva.

Tempo di Uscire dallo ZIRP?

Quali sono quindi le ragioni di tanta fretta perché la banca centrale degli Stati Uniti si proponga per un aumento dei tassi di interesse. In primo luogo c'è il tema di una ripresa di potere della politica monetaria ‘convenzionale'. Per aiutare le economie ed i mercati finanziari negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008 le autorità monetarie hanno dovuto mettere in campo interventi straordinari di ampissime dimensioni che dovrebbero essere riassorbiti. Oggi, secondo le indicazioni fatte pervenire anche dai membri stessi del comitato esecutivo della FED di un'economia in solido trend di crescita e buona occupazione, le condizioni per una normalizzazione dei rendimenti risultano mature e permetterebbero l'abbandono della politica straordinaria dello ZIRP (zero interest rate policy) ovvero a tassi zero.

Quadro ancora cupo sugli Emerging Markets

In secondo luogo c'è una necessità generale di tenere sotto controllo l'espansione del debito pubblico e privato. Il rischio di aver troppo esagerato con l'espansione di un credito a buon mercato torna a farsi vivo e non più negli Stati Uniti. Ora è evidente che una crisi anche solo per un rallentamento nella crescita economica globale, può mettere a repentaglio le economie meno solide, soprattutto tra quelle emergenti, ed innescare un effetto domino imprevedibile. La scossa del mercato finanziario cinese di qualche settimana fa ne è stato un esempio inequivocabile di come sia molto facile subire anche per via indiretta un contagio dalle economie emergenti. Per la prima volta infatti la Presidente Janet Yellen, seppur minimizzandone il riferimento, ha menzionato nel suo discorso un impatto nei paesi emergenti e in Cina quale ulteriore giustificazione nel mancato rialzo dei tassi.

I nuovi ‘dots' del piano FED

Lo scenario di rialzo dei tassi pronosticato dalla FED ad inizio anno è stato continuamente in evoluzione. Una timetable definitiva è in realtà quanto di più importante possa tranquillizzare gli investitori soprattutto a livello internazionale: l'attuale roadmap prevede un percorso di rialzi ancora più lento di quanto previsto solo pochi mesi fa. Secondo Janet Yellen, la ragione che ha convinto il FOMC a spostare in avanti il rialzo, senza per altro confermarne una data precisa (ottobre, dicembre, inizio 2016?), è quella di sostenere una politica accomodante finalizzata a riportare vicino al 2% il tasso di inflazione, oggi lontano da questo obiettivo. Anche sul tracciato del rialzo le previsioni sono cambiate: rimane una stima a fine 2015 di un tasso dei Fed Funds a 0,375% (era a 0,625% al giugno scorso), rialzi di 100 bps nel 2016, per poi arrivare gradualmente al 2,625% a fine 2017; il tasso proiettato dalla Fed nel lungo termine è stimato ora al 3,5% rispetto al 3,75% precedente.

Operatori in attesa di verità

La reazione dei mercati azionari europei non si è fatta attendere impattata da un marginale recupero dell'Euro. Anche se nulla è cambiato sul fronte dei tassi dei Fed Funds gli operatori, in attesa delle minute, sono già al lavoro nella sistemazione di alcune posizioni tattiche in vista delle prossime riunioni delle banche centrali e delle strategie per l'ultimo trimestre. Gli investitori non sembrano comunque convinti che quanto annunciato sia tutto quanto ci sia da sapere. Ci si chiede se a questo punto, dietro le parole della FED, si possano nascondere dati prospettici diversi da quelli incorporati dai mercati.     

18 settembre 2015

Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CA

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