USA – Cina: Guerra commerciale o tattica negoziale
Pubblicato il 11.04.2018
La motivazione a favore di un "Grande Accordo Commerciale", secondo alcuni analisti finanziari, è che nessuna delle principali economie mondiali ha interesse in una guerra commerciale che potrebbe causare danni significativi e non avere vincitori. Sulle avvisaglie comunque di una sfida sui dazi dettata dall'orientamento protezionista dell'amministrazione Trump, i mercati finanziari hanno visto accelerare la componente ‘volatilità', dopo un lungo periodo ai minimi storici. La progressiva avanzata di Trump, passata dalle tariffe doganali su acciaio e alluminio verso un numero sempre più alto di prodotti e relativo ammontare, si sta rilevando alquanto insidiosa se non a volte improvvisata, provocando le risposte di un numero considerevole di partner esportatori, poi in parte premiati dalle esenzioni. L'idea di colpire in ordine sparso si è di fatto consumata in posizioni più morbide verso molte controparti (NAFTA) e concentrata di seguito sulla Cina con una penalizzazione iniziale di $ 3 miliardi, passata poi a 50 e 100 mld, per dazi all'importazione nel tentativo di affrontare il crescente divario commerciale.
La pressione strategica degli Stati Uniti
Le forze esogene che muovono i mercati finanziari trovano un quadro geopolitico difficile da precedere. Alla domanda quali potrebbero essere i risultati di questa manovra sui dazi Usa, ci sono almeno due ipotesi. La prima vede l'amministrazione Trump impegnata a contenere progressivamente il deficit commerciale costruito negli anni dagli Stati Uniti. Molti strategist lo vedono propedeutico alla luce di un "Grande Accordo Commerciale" finale dopo un intenso confronto tra le parti. Nel caso della Cina, Trump nella sua comunicazione sta mettendo molta pressione ponendo sul tavolo cinese temi quali quello della proprietà intellettuale, Taiwan, nucleare per la Corea del Nord e concorrenza sull'industria tecnologica. La Cina ha risposto alla raffica di nuovi dazi aumentandone una eventuale ritorsione verso le aziende statunitensi impegnate nel business in Cina. La seconda ipotesi vedrebbe posizioni rigide, toni di sfida crescenti e sviluppi imprevedibili che condurrebbero allo schieramento delle altre economie pro e contro i due paesi contendenti.
Due grandi economie legate tra loro
Le controparti sono al momento in attesa di ulteriori chiarimenti, mentre sono molte le società americane che stanno sollevando il tema di un impatto commerciale negativo futuro tra le prime due economie mondiali. La Cina rimane un mercato in forte espansione e non essere presenti nei prossimi anni sarebbe un vero peccato per le proprie prospettive economiche. In gioco c'è la classe media cinese, destinata a crescere da circa 300 milioni di consumatori a 600 milioni nel prossimo decennio; è noto a tutti che anche un blando boicottaggio dei cinesi sui prodotti statunitensi potrebbe essere dannoso per tutti i grandi brand già molto presenti, a partire da GM, Apple, Nike e Coca-Cola. D'altra parte gli Stati Uniti sono uno dei principali importatori al mondo e in particolare rappresentano il 20% delle esportazioni cinesi. Una chiusura delle frontiere alle importazioni negli Usa potrebbe far deragliare il treno della crescita in Cina in modo repentino. In realtà gli Stati Uniti devono fare i conti anche con il primo detentore di Titoli di Stato statunitensi: la Cina ha in portafoglio 1.168 mld$ (dato a fine gennaio 2018).
Mercati finanziari e portafogli di investimento
Chiaramente, l'aumento della volatilità nei mercati finanziari sta di fatto generando due effetti sui portafogli di investimento, ovvero un ribilanciamento delle classi di attivo più rischiose a favore di quelle più conservative e un orientamento nella composizione dei portafogli azionari con una rotazione settoriale che, almeno negli Stati Uniti, guarda con più attenzione alle società domestiche rispetto a quelle con maggiori interessi all'estero. Il flight to quality nelle ultime settimane ha riportato attenzione a Treasury e Bund, mentre sul lato azionario si ritorna a guardare allo stile di investimento Value rispetto al Growth. Se quindi da un lato l'apertura di un tavolo di negoziazione tra Usa e Cina ridurrebbe l'avversione al rischio a favore di un ritorno all'azionario, rimane aperta la possibilità che le misure sui dazi si trasformino in una vera guerra commerciale fine a se stessa. Questa preoccupazione, insieme alla difficoltà del settore tecnologico, graverebbe sui benchmark azionari statunitensi e globali. Gli investitori che recentemente si sono ritirati sul reddito fisso, spingendo in gran parte i rendimenti dei titoli di Stato a minimi di due mesi, potrebbero rivedere le loro posizioni in un caso di accordo: entrambe le parti, in particolare la Cina, hanno più da perdere che guadagnare da una guerra commerciale.
11 aprile 2018
Corrado Caironi - Investment Strategist di R&CAIl valore dell'investimento o il rendimento possono variare al rialzo o al ribasso; un investimento è soggetto al rischio di perdita. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.